La figlia di Nicola Calipari, Silvia, ricorda il momento della notizia della morte del padre, un omicidio che ancora dopo 20 anni non ha ottenuto giustizia
Silvia, la figlia di Nicola Calipari, il funzionario del Sismi ucciso in Iraq nel 2005, durante la missione per il salvataggio della giornalista rapita Giuliana Sgrena facendole da scudo nella sparatoria avvenuta durante il tragitto per l’aeroporto, ha raccontato in un’intervista al Corriere della Sera alcuni momenti della vita insieme al padre, ma soprattutto il dolore al momento della notizia della morte, della quale fu informata dalla tv prima ancora di avere la comunicazione ufficiale.
“Papà era il mio eroe“, dice, sottolineando la dedizione dell’uomo per il suo lavoro, che era quello di servire lo Stato con dignità e onore, un impegno che ha svolto fino all’ultimo momento onorando le promesse e sempre con la riservatezza che il ruolo richiedeva, sacrificando il tempo in famiglia con le assenze, anche se, come dice Silvia: “Riusciva ad esserci sia nei momenti importanti, sia nelle cose normali, quando sono cresciuta non ricordo una volta in cui l’ho cercato e non mi ha risposto al telefono“.

Silvia, la figlia di Nicola Calipari: “Papà era troppo per bene, quel mondo lo ha tradito, non abbiamo avuto giustizia”
Silvia prosegue con il ricordo del padre Nicola Calipari, raccontando in particolare il momento in cui la famiglia ricevette la terribile notizia della morte, appresa dalla tv: “Avevo la tv accesa, stavo studiando per un compito in classe e ho sentito la notizia che Giuliana Sgrena era stata liberata. Ho chiamato subito mia mamma.
Eravamo felici“, poi all’improvviso tutto è cambiato quando chiamandolo non ha ricevuto risposta al telefono, a quel punto “La nostra casa si è riempita di gente, solo dopo che ne avevano parlato già al telegiornale il capo del Sismi ci diede la comunicazione dicendo che era stato ucciso dagli alleati americani“.
Una tragedia che provoca disperazione ma anche rabbia, in particolare per il fatto che lo Stato poteva fare di più come afferma la donna ricordando: “Mio padre è stato lasciato solo. La sua grande generosità, anche nel lavoro lo ha penalizzato in quell’ambiente. Era troppo per bene per quel mondo, che alla fine lo ha tradito“.
Un rammarico soprattutto per il fatto che, ancora dopo 20 anni non è stata fatta giustizia perchè gli Stati Uniti non hanno mai concesso l’estradizione e il delitto è rimasto praticamente senza colpevoli e archiviato come “una casualità“.
