Nino Cartabellotta/ “Lockdown nazionale impossibile, sì a quarantene localizzate”

- Carmine Massimo Balsamo

Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe: "Riapertura delle scuole è la grande incognita. Ora il Sud rischia più del Nord".

nino cartabellotta gimbe Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe (da Facebook)

L’Italia si trova in una nuova fase dell’epidemia e la prevedibile risalita della curva di contagi non va confusa con l’improvvisa esplosione del contagio di marzo-aprile: parola di Nino Cartabellotta, medico e presidente della Fondazione Gimbe di Bologna. Intervenuto ai microfoni de La Stampa, il 55enne ha messo in risalto che difficilmente si tornerà ai 4.500 casi positivi al giorno, ma non è possibile escludere dei mini-lockdown: «Siamo passati dai 200 casi al giorno di luglio ai 1.400 di settembre. Un incremento dovuto alle vacanze, a più test e all’aumento di contagiati in circolazione. Come continuerà dipende dai comportamenti degli italiani e dalla capacità di fare tamponi. Speriamo che le regioni non facciano come ad aprile-maggio, quando per timore di non riaprire lesinavano sui test».

NINO CARTABELLOTTA: “SUD RISCHIA PIU’ DEL NORD”

Nino Cartabellotta ha poi evidenziato che per non sprecare il vantaggio legato al lockdown sarà necessaria molta serietà da parte della popolazione. Certamente non torneremo ad un lockdown nazionale, adottato quando gli ospedali vanno in crisi. Ma attenzione alle chiusure localizzate: «Può succedere invece che qualche focolaio sfugga di mano e necessiti di mini lockdown, che vanno dal condominio alla provincia. Li hanno già fatti alla Garbatella a Roma e al centro migranti di Treviso». Il presidente della Fondazione Gimbe ha poi spiegato che la riapertura delle scuole rappresenta la grande incognita, mentre per quanto riguarda la convivenza con il virus ha aggiunto: «Fino al vaccino miglioramenti e ricadute dipenderanno dai comportamenti di tutti e da fattori stagionali: al chiuso e al freddo il virus ha più margini di manovra. Al Nord non è stato contagiato neanche il 10% della popolazione e al Sud meno: senza precauzioni ci sarebbero delle praterie». Infine, il perchè il Sud rischia più del Nord: «Perché il contagio è diffuso e il Sud è meno organizzato, infatti il lockdown servì a proteggerlo».





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