I dati sulla natalità in Italia sono sempre più sconfortanti, occorrono investimenti e misure urgenti, che vadano oltre i bonus

Secondo i dati ufficiali dell’Istat, nel periodo gennaio-luglio 2025 c’è stato un’ulteriore diminuzione di nuovi nati, pari a 166.000, il 7% in meno rispetto allo stesso periodo del 2024 (pari a 178.500).

Purtroppo la situazione non è nuova, sono anni ormai che la diminuzione delle nascite avanza incontrastata: nonostante la denatalità sia finalmente entrata nel dibattito pubblico, con estremo e colpevole ritardo, non si assiste a proposte o a iniziative tali da far sperare in una ripresa.



È vero, sono state messe in campo alcune proposte come le detrazioni familiari e la rimodulazione dell’Irpef, così come ancora in precedenza era stato approvato l’Assegno unico, tutte misure utili ma che non sono inserite in un contesto di politica familiare.

Altre misure implementate negli anni hanno avuto la natura di bonus e non di politiche strutturate: l’evidenza storica ha però mostrato il totale fallimento di queste misure. Forse avranno avuto l’effetto di lenire in parte il crollo, ma ciò non è sufficiente. Serve fermare il fenomeno con delle misure che nel lungo periodo provochino un’inversione di tendenza netta.



Foto di Vidal Balielo Jr. (Pexels)

La situazione chiede interventi tempestivi e “drastici”. Bisogna agire in fretta, uscendo dagli schemi politici e pensando ai prossimi vent’anni, con una visione chiara. E anche la stabilità di Governo, indipendentemente dal colore politico, può aiutare: vista la storia repubblicana (ma anche quella più recente a partire dal 2008 con il Governo Monti), la perenne brevità dei Governi impedisce è un ostacolo per lo sviluppo del Paese.

Un ostacolo che può essere eliminato o almeno ridotto utilizzando diversi strumenti, da una legge elettorale che dia come esito una maggioranza parlamentare chiara a riforme più consistenti (che sia il premierato o altro).



È urgente dunque investire sulla natalità, anche copiando strumenti e misure da altri Paesi e che hanno funzionato: come spesso viene detto, il quoziente familiare francese, unito al riconoscimento della soggettività fiscale della famiglia, è una delle proposte di cui più si necessita. Non basta, anche se è un buon passo, il taglio del cuneo fiscale, che permette di avere più liquidità disponibile ma che, dati alla mano, si è rivelato purtroppo inefficace sul piano della natalità.

Un altro aspetto su cui intervenire, anche con il coinvolgimento delle aziende, è la work-life balance, in particolare per le madri di figli piccoli: l’estensione di congedi materni e paterni retribuiti entrambi al 100%, così come la possibilità di una riduzione dell’orario di lavoro nei primi anni di vita tenendo le stesse entrate, sono misure concrete che rimuoverebbero alcuni degli ostacoli presenti sul cammino delle giovani famiglie.

Anche la questione delle madri che non riescono a rientrare nel mondo del lavoro proprio perché madri è estremamente importante: in questo senso la Legge di bilancio 2025 aveva esonerato totalmente dai contributi previdenziali le madri di tre o più figli e con contratto indeterminato, fino a un massimo di 3.000 euro. Questo ha comportato una riduzione, da parte delle imprese, in termini di costo del lavoro. Un buon passo, ma non sufficiente, soprattutto perché riguarda le famiglie con più di due figli.

Un altro tema riguarda la scuola e la libertà educativa: la promozione di uno strumento come la Dote scuola di Regione Lombardia potrebbe diminuire le diseguaglianze nate dalla ricchezza della famiglia di origine, garantendo a tutti uno studio con alti livelli di qualità.

Queste sono solo alcune delle misure urgenti da prendere, in un contesto interno e internazionale per nulla facile, che richiede serietà e, appunto, visione.

Bisogna dunque trasformare l’avere in figlio da costo a risorsa, da soggetto che richiede tempo a ricchezza per tutto il tessuto sociale. Solo così sarà possibile ripartire: il contrario è non avere più futuro.

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