Russia e Cina si accordano per il gasdotto Power of Siberia 2. Putin sempre più vassallo di Xi, perno di un nuovo ordine che scalza quello occidentale
Un gasdotto per suggellare la firma al progetto di un nuovo ordine mondiale, alternativo a quello a guida americana. L’accordo Russia-Cina per la realizzazione del Power of Siberia 2, per trasportare il gas russo al Dragone, consolida i forti interessi comuni fra Mosca e Pechino e lega nuovamente Putin a Xi Jinping scombinando i piani di Trump di allontanare i due indebolendo entrambi. Tanto che ora i cinesi potrebbero avere voce in capitolo anche riguardo alla chiusura della guerra in Ucraina.
I Paesi che hanno partecipato all’incontro della Shanghai Cooperation Organization (SCO), spiega Giuliano Noci, prorettore del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano, tra cui l’India, potrebbero dare inizio a un nuovo corso della storia che rompe l’egemonia occidentale, anche se nella nuova alleanza restano da chiarire la posizione dell’India, le mire della Cina e il ruolo stesso della Russia.
Russia e Cina si sono accordate per la costruzione di un gasdotto che aumenterà notevolmente l’afflusso del gas russo verso Pechino. Qual è la portata di questa firma?
La firma per il gasdotto Power of Siberia 2 la Russia l’aspettava da un paio di anni, ma la Cina si guardava bene dal farlo perché voleva tenere Mosca sulla corda. La interpreto come un segnale della volontà cinese di legare ancora di più a sé la Federazione Russa per evitare qualsiasi rischio di attrazione da parte dell’immobiliarista newyorkese: Trump e gli USA escono un po’ con le ossa rotte da questi tre giorni della SCO.
Perché?
Se dobbiamo trarre una lezione dal vertice della Shanghai Cooperation Organization e da quanto è accaduto negli incontri bilaterali, è che l’America non tocca palla. Si è parlato di una governance multilaterale in aperta contrapposizione con gli Stati Uniti. Il premier indiano Modi, che doveva essere attratto nell’orbita americana allontanandolo dalla Russia, è andato in macchina per un’ora con Putin e si è fatto vedere con lui mano nella mano: sono aspetti simbolici che evidenziano proprio la contrapposizione con gli americani. Per quello che è successo si rischia di ricordare Tianjin sui libri di storia come Bretton Woods e Yalta. Potrebbe essere il punto di partenza di un’architettura diversa che frantuma il sistema occidentale.
Quanto è importante invece il gasdotto per Putin?
Si è costruito un pezzo di bilancio dello Stato russo. Se prima Mosca aveva come principale cliente l’Europa, ora deve tutelarsi perché all’Europa venderà sempre meno. Stiamo entrando in una fase nuova in cui tutto il costrutto dell’Occidente perde rilevanza, si disgrega, perché Trump da un lato e la non-politica europea dall’altro fanno sì che questa architettura abbia sempre meno significato.
Xi Jinping nel suo discorso ha fatto un riferimento ai valori dell’ONU. E si parla anche della possibilità di creare una sorta di banca mondiale alternativa a quella attuale. L’idea è proprio di creare una struttura finanziaria parallela a quella che fa capo negli USA?

Il ragionamento è questo: “Se non ci ascoltate e continuate a gestire la Banca mondiale tra di voi, noi ci facciamo la nostra banca”. Peraltro, gli stessi BRICS hanno la loro banca di sviluppo, guidata dall’ex presidente del Brasile Dilma Rousseff. Tra l’altro i messaggi che arrivano da questo mondo sono molto avvolgenti: ogni statement di Xi Jinping è mirato ad attirare altri Paesi e cooptarli nella propria sfera di influenza, come avrebbero fatto gli Stati Uniti 10-15 anni fa. Credo che sia un richiamo interessante per molti Paesi.
Ma nella SCO o nel nascente nuovo ordine mondiale è tutto oro quello che luccica?
No. L’India oggi è almeno simbolicamente coinvolta in questo disegno solo perché l’ha spinta Trump imponendo dazi al 50%: ha fatto di tutto per fare in modo che una Delhi riluttante si sedesse a tavolo con i cinesi. Modi non andava in Cina da sette anni. L’India vede la Cina non tanto come un’amica, ma come una rivale cui vuole contendere lo scettro asiatico, da cui tuttavia non può prescindere, perché Pechino è troppo avanti su determinati fronti tecnologici. Inoltre, il rapporto Russia-Cina non è paritetico, ma di vassallaggio di Putin rispetto a Xi, basato su presupposti di convenienza: non è vero che c’è un’amicizia senza limiti. Hanno 4mila km di confine che condividono e sono in qualche modo costretti a convivere. Putin adesso dipende così tanto dai cinesi che è costretto ad allinearsi a loro.
Ci sono anche altre questioni aperte?
Per realizzare una nuova architettura capace di attrarre altri Paesi, la Cina non dovrà apparire troppo ingombrante. Con tutte le dispute nel Mar Cinese Meridionale, i Paesi vicini, i cinesi sanno che quella di Pechino può essere una presenza scomoda.
Alla fine qual è il messaggio che arriva da Tianjin?
L’ordine liberale americano è definitivamente chiuso. Questo non vuol dire che emergerà un nuovo ordine, ma che Cina e Sud globale del mondo chiedono il loro posto a tavola con sempre maggior convinzione. Se non gli verrà dato è probabile che le tensioni aumenteranno in misura significativa, con frizioni che potrebbero trovare sfogo anche in guerre a livello locale.
I legami sempre più stretti tra Putin e Xi Jinping, almeno a livello economico, ci dicono qualcosa anche in merito alla guerra in Ucraina?
Putin finché lo sostiene l’economia non mollerà. Ma il suo azionista di riferimento è la Cina, insieme all’India, che potranno influire in misura superiore a quella americana sulla chiusura del conflitto.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
