Dopo lunghe discussioni e anche qualche piccola polemica, arriva l’anticipato cambiamento nella recita del Padre Nostro, approvata da tempo, ma che ancora non veniva usato. Adesso la Cei ha stabilito che la preghiera modificata in ambito liturgico sarà attiva dalla prima domenica di Avvento, il prossimo 29 novembre. A confermarlo ufficialmente, parlando con l’agenzia Adnkronos, monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti e di Vasto, teologo molto influente in Vaticano, parlando a margine del Forum internazionale di teologia che è in corso in questi giorni presso la Pontificia Università Lateranense. A sollecitare il cambio della preghiera più importante, l’unica che Gesù in persona ha insegnato agli uomini durante i suoi anni di vita, papa Francesco, molto attento a questo genere di cose, raccogliendo le lamentele di quanti per decenni hanno sostenuto che la frase in uso da secoli, “non indurci in tentazione” è dovuta a un errore di traduzione, in quanto Dio non potrebbe mai indurre nessuno in tentazione, fargli compiere cioè gesti peccaminosi.
DIO NON INDUCE IN TENTAZIONE
La frase ritenuta più opportuna e che verrà usata dal 29 novembre è quindi “non abbandonarci alla tentazione”, qualcosa che accade a prescindere dall’opera di Dio, per tentazione del diavolo e per nostra scelta. Il volto paterno di Dio, come riferito da monsignor Claudio Maniago vescovo di Castellaneta e presidente della Commissione episcopale Cei per la liturgia, “secondo la precedente formulazione, sarebbe addirittura all’origine del nostro cadere nelle tentazioni. La nuova traduzione recupera la dimensione paterna di un Dio che non ci abbandona neppure nel momento, che non viene risparmiato a nessuno, della tentazione”. Ovviamente ci vorrà del tempo prima che ci si abitui alla nuova formula, dopo oltre cinquant’anni, da quando è stato abolito il latino nell’uso delle liturgie, una formula che ormai è impressa in tutti.