Di storie dal Pakistan che parlano di donne accusate di blasfemia non vi sono solo quelle a lieto fine – ma dopo anni, ripetiamo, anni, di torture e carcere – come per Asia Bibi: la storia del Paese islamico è purtroppo continuamente lastricata di esistenze spezzate e famiglie distrutte per accuse al 99% inesistenti o pretestuose. Il problema è che si è cristiani in Pakistan si rischia ogni giorno la vita, come purtroppo sanno bene nella famiglia del politico Shabbaz Bhatti (oggi Servo di Dio della Chiesa Cattolica), il Ministro per le minoranze religiose ucciso a Islamabad il 2 marzo 2011.
L’ultima storia di terrore e follia della sharia arriva sempre da Islamabad dove una donna cristiana, Shagufta Kiran, è stata accusata di blasfemia per aver semplicemente inoltrato un messaggio su WhatsApp che includeva contenuti ritenuti blasfemi dalle autorità. Lo ha annunciato oggi all’Agenzia Fides l’organizzazione “Centre for Legal Aid Assistance & Settlement” (CLAAS), rivelando però che l’arresto si sarebbe tenuto lo scorso 29 luglio per opera della Federal Investigation Agency (FIA). Al momento Shagufta si trova ancora sotto custodia e non vi sono state novità in merito al suo futuro “processuale”.
LA DENUNCIA DEL MARITO: “NON HA NEANCHE SCRITTO LEI IL MESSAGGIO”
Sempre a Fides, il marito della donna perseguitata perché “blasfema” ha spiegato come Shagufta sia stata arrestata mentre era con i due figli, anch’essi fermati in un primo momento ma rilasciati per fortuna poco dopo. Agenti armati, spiega l’Agenzia, hanno fatto irruzione nella loro casa e hanno arrestato moglie e i due figli, accusandoli di aver violato la legge sulla blasfemia, semplicemente avendo inoltrato un post su WhatsApp che includeva contenuti forse blasfemi. «Con violenza si sono impossessati dei nostri telefoni, computer e altri oggetti di valore. Hanno arrestato Shagufta e i miei due figli senza previa informazione o mandato di arresto. Hanno portato mia moglie e i miei figli alla stazione di polizia, accusandoli in base agli articoli 295-A e 295-B del Codice penale del Pakistan (la tremenda legge sulla blasfemia, ndr), in seguito hanno liberato i miei figli», spiega Rafique Masih, il marito di Shagufta. Secondo quanto riportato dall’agenzia delle Pontificie Opere Missionarie, la famiglia della donna cristiana è fuggita da Islamabad per paura delle minacce ricevute e ora si trovano in un luogo sicuro. Stando alla ricostruzione fatta dalla organizzazione che ha contattato Fides, la donna è stata arrestata per il solo fatto di esser stata inclusa in un gruppo WhatsApp in cui qualche altro membro avrebbe condiviso un messaggio blasfemo: Shagufta lo ha inoltrato ad altre persone senza leggerlo e senza conoscerne le conseguenze, denuncia il marito «Shagufta non sapeva nulla del post, non era nemmeno l’autore del post in questione, ma è stata accusata di averlo diffuso».