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Home » Cronaca » Parlamento Ue: “stop parole padre, gay, sesso”/ Pensiero unico e neo-lingua pro-Lgbt

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Parlamento Ue: “stop parole padre, gay, sesso”/ Pensiero unico e neo-lingua pro-Lgbt

Niccolò Magnani
Pubblicato 17 Marzo 2021
Sassoli e Von der Leyen

Europa, David Sassoli e Ursula Von der Leyen (LaPresse, 2021)

La "neo-lingua" del Parlamento Europeo per non urtare le sensibilità Lgbtq: stop a parole come “padre, gay, sesso biologico”. Il pensiero unico e la libertà negata

«È qualcosa di bello, la distruzione delle parole. Naturalmente, c’è una strage di verbi e aggettivi, ma non mancano centinaia e centinaia di nomi di cui si può fare tranquillamente a meno»: lo scriveva George Orwell in “1984” ipotizzando, nel pieno del secolo delle ideologie, la “neo-lingua” che si sarebbe potuta instaurare nella sua distopica immagine delle dittature future. Ecco, in “ritardo” di 37 anni quell’inquietante e lucidissima “previsione” diventa (forse) realtà: come ha denunciato Simona Baldassarre, medico, europarlamentare della Lega e Responsabile del Dipartimento Famiglia del Lazio, il Parlamento Europeo sta preparando un “glossario” del linguaggio “sensibile” per la comunicazione interna ed esterna.


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Attraverso l’unità “Uguaglianza, inclusione e diversità” facente capo alla Direzione generale per il personale, l’Europa sta organizzando una sorta di “neo-lingua” a tutto il personale Ue per «comunicare correttamente su questioni riguardanti la disabilità, le persone LGBTI+, la razza, l’etnia e la religione». Ed ecco servito l’incubo preconizzato da Orwell alla fine della Seconda Guerra Mondiale: con un intento in partenza “positivo” – ovvero non far sentire discriminate le minoranze – si arriva alla “morbida” accettazione di un nuovo sistema di linguaggio, parole e financo “idee” per “educare” la maggioranza.


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LA NEO-LINGUA CHE INCLUDE TUTTO TRANNE LA LIBERTÀ

Basta le volgarissime parole come “madre”, “padre”, “famiglia” per non parlare di “gay, omosessuali e lesbiche” che vanno assolutamente accostate da espressioni più legittime come “persone gay, persone omosessuali, persone lesbiche”. Nel nuovo vocabolario che ogni membro del personale in Europarlamento e Commissione Europea dovrà imparare a memoria per essere sempre più “politicamente corretti”, l’assist alla “cancel culture” sembra sempre più evidente: la denuncia della Europarlamentare della Lega si unisce alle cronache evidenziate da Libero e Il Giornale negli scorsi giorni. Non si potrà più dire e scrivere “matrimonio gay”, ma andrà sostituito con “matrimonio egualitario” e non saranno ammessi i “diritti dei gay e degli omosessuali” ma si dovrà dire “trattamento equo, paritario”. Da scordarsi ovviamente anche il “sesso biologico” (molto meglio “sesso assegnato alla nascita”) e il cambio di sesso, da preferire invece il termine più corretto “transizione di genere”.


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Un po’ come “sbuono” e “plusbuono” di orwelliana memoria, la lingua più “giusta” sta per sbarcare in Europa: un primo passo verso una rivoluzione ben più ampia che un giorno arriverà anche nelle scuole, sempre nel nome del rispetto pro-Lgbt? Questo al momento è presto per saperlo, ma l’indirizzo non sembra andare molto lontano – estremizzando – a quanto scriveva ancora lo scrittore inglese in “1984”, «Non capisci che lo scopo principale a cui tende la neolingua è quello di restringere al massimo la sfera di azione del pensiero? Alla fine renderemo lo psicoreato letteralmente impossibile, perché non ci saranno parole con cui poterlo esprimere». Una lingua e un pensiero sempre più inclusivo che intende accogliere tutto e tutti, tranne la libertà (e la verità).

Tags: Ursula Von Der Leyen

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