Dal 2025 anche i pensionati con contributi versati dopo il 1996 potranno accedere all'integrazione al trattamento minimo
Arriva una vera e propria svolta per molti pensionati italiani. Con la sentenza n. 94/2025 la Corte Costituzionale ha abbattuto una barriera normativa che da quasi trent’anni penalizzava una parte dei beneficiari dell’assegno ordinario di invalidità.
D’ora in avanti, anche chi ha contributi versati esclusivamente a partire da dal 1° gennaio 1996 (quindi nel cosiddetto “regine contributivo puro”) potrà accedere all’integrazione al trattamento minimo fissato per il 2025 a 603,40 euro mensili.
Cosa prevedeva la legge prima della sentenza
Fino ad oggi, l’integrazione era riservata soltanto ai pensionati che potevano vantare almeno una parte dei contributi versati prima del 1996, ossia quelli rientranti nel vecchio sistema retributivo o misto.
L’articolo 1 comma 16 della legge 335/1995 (meglio nota come Riforma Dini) escludeva i “contributi puri” sulla base del principio che i loro trattamenti fossero calcolati in base ai soli contributi effettivamente versati. Una scelta pensata per garantire l’equilibrio finanziario del sistema, ma che col tempo ha mostrato evidenti disparità.
Una scelta di giustizia sociale
È stata la Corte di Cassazione a sollevare la questione di legittimità costituzionale, sottolineando come l’assegno ordinario d’invalidità abbia una finalità diversa rispetto alla pensione di vecchiaia. Si tratta infatti di una misura che serve a garantire un reddito a chi, per ragioni di salute, non è più in grado di lavorare a pieno regime.
La Consulta ha dato ragione a questa impostazione e ha evidenziato come l’esclusione dal diritto all’integrazione fosse discriminatoria, dal momento che che lo stato di bisogno non dipende certo dalla data in cui si iniziano a versare i contributi.
Attenzione però, la sentenza non prevede effetti retroattivi. Questo significa che non ci saranno rimborsi o arretrati per gli anni passati. L’integrazione scatterà solo dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione in Gazzetta Ufficiale. Una scelta prudenziale motivata dalla necessità di tutelare l’equilibrio dei conti pubblici.
Chi ne beneficia e come funziona l’assegno
L’assegno ordinario d’invalidità viene erogato dall’INPS ai lavoratori dipendenti, autonomi o iscritti alla gestione separata che abbiano almeno 5 anni di contributi di cui tre negli ultimi cinque, e una riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo.
Fino ad oggi l’importo era calcolato in base ai contributi effettivamente versati, ma con la nuova pronuncia chi riceve un assegno sotto i 603,40 euro mensili potrà ottenere l’integrazione, anche se ha iniziato a versare i contributi solo dopo il 1996.
Una piccola rivoluzione nell’ambito della previdenza sociale, ma resta ancora molto da fare per assicurare equità reale tra i diversi regimi pensionistici. Intanto la decisione della Corte segna un punto fermo, ovvero che quando si parla di invalidità e dignità della vita i numeri non possono essere l’unico criterio di valutazione.