La riforma pensioni 2025 avrebbe dovuto aiutare i lavoratori nel sistema contributivo, che si trovano in un meccanismo penalizzante.
Torniamo sulle pensioni 2025 e sulle misure che permettono di uscire dalla quiescenza con anticipo. Restano Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale. Come discusso in diverse occasioni, il Governo Meloni ha attuato delle restrizioni importanti.
Ma i problemi non finiscono qui, dato che anche chi si ritroverà nel sistema contributivo dovrà avere a che fare con un meccanismo di pensionamento penalizzante, rendendo difficile il suo accesso a causa della potenziale discontinuità lavorativa.
Pensioni 2025 con novità: cosa cambia?
L’idea della riforma pensioni 2025 era quella di trovare una soluzione per agevolare i lavoratori del sistema contributivo, permettendone l’accesso a quel che prevede la normativa vigente per la “vecchiaia”: sessanta sette anni di età anagrafica e venti di contributi.
Fa fede sempre il valore del cedolino mensile, il quale deve essere pari all’assegno minimo che al 2025 risulta essere 538,69€ (poco più alto dell’importo dello scorso anno, ma di appena quattro euro).
I dipendenti che non riescono a raggiungere il tetto minimo dovranno rimanere sul lavoro fino a quando non soddisfano le loro condizioni, salvo riescano in futuro a raggiungere un coefficiente più vantaggioso.
Esiste tuttavia l’assegno complementare, una forma di pensione alternativa che viene “aggiunta” a parte e “privatamente”, per farla cumulare e accelerare il soddisfacimento dei requisiti. Ancora però restano tante perplessità, dato che manca un decreto attuativo che possa confermare tale soluzione.
Uscire prima dal lavoro
La prima soluzione – anche la più comune – è la pensione anticipata ordinaria. Si matura grazie ai contributi versati, quarantadue e dieci mesi per gli uomini e uno in meno per le donne, con il pagamento previsto a 3 mesi dopo la decorrenza della condizione.
Tuttavia c’è da annotare l’altra novità della riforma pensioni 2025, ovvero che per alcuni lavoratori impiegati nel pubblico i mesi per ricevere il primo pagamento diventano 4 (e non più 3). Si fa riferimento agli impiegati giudiziari, docenti di elementari e asilo e risorse di enti locali.