La riforma pensioni 2026 dovrebbe lasciare molte misure di flessibilità per lasciare il lavoro prima dei 67 anni.
I requisiti da soddisfare per le pensioni del 2026 dovrebbero permettere di uscire anticipatamente piuttosto che attendere i fatidici 67 anni (ovvero la media per poter godere della previdenza sociale con la vecchiaia).
Tra le opzioni più concrete figurano: sconti in termini di versamenti contributivi, abbassare l’età con alcune “rinunce” o sfruttare il TFR per contrastare le restrizioni sulle condizioni sempre più rigide richieste dall’ente INPS.
Pensioni 2026: i requisiti per uscire prima

Le condizioni ideali previste uscire prima dal lavoro anche con la riforma pensioni 2026 potrebbero includere delle flessibilità significative (eccetto Opzione Donna e Quota 103 che potrebbero esser cancellate), abbattendo l’età pensionabile di 67 anni.
L’anno prossimo i contribuenti potrebbero puntare ad una delle tre forme potenzialmente rinnovabili, la Quota 41, il cedolino anticipato contributivo e quello ordinario.
Pensione anticipata “ordinaria”
Il requisito per andare in stato di quiescenza in maniera ordinaria, prevede il versamento di un determinato numero di contributi indipendentemente dalla propria età anagrafica. La normativa ne richiede 41 anni e 10 mesi per le lavoratrici donne e uno in più per i lavoratori uomini.
Si ricorda che a partire dal soddisfacimento del requisito, occorrerà aspettare 3 mesi prima che l’INPS possa confermare la fattibilità.
Pensione anticipata “contributiva”
Come si può intuire dal nome, il cedolino ottenibile con i soli contributi è previsto soltanto ai soggetti che hanno iniziato a lavorare dopo l’anno 1996 e a patto che il contribuente abbia pagato 25 anni di contributi effettivi (tra 5 anni è previsto un aumento a 30 anni).
Inoltre è necessario superare di 3 volte l’assegno sociale, oppure 2,8 qualora si fosse una donna con 1 figli o ancora 2,6 per le donne con 2 figli.
Quota 41
Quota 41 probabilmente resterà, anzi la Lega desiderava estenderla ad una platea più ampia, ma per questo è necessario valutare le risorse finanziarie disponibili. Ad oggi la misura permette ai lavoratori precoci che hanno pagato 41 anni di contributi (e un anno intero versato almeno prima dei 19) di lasciare il lavoro.
Contributi ed età a parte, è altrettanto essenziale aver subito una condizione critica come una invalidità, aver svolto un lavoro gravoso, aver assistito un familiare affetto da disabilità oppure esser stati disoccupati.
Uscita con soli 15 anni di contributi
Infine anche il 2026 conferma le deroghe Amato, permettendo l’uscita con soli 15 anni di contributi ma a dei beneficiari molto ridotti. Nello specifico fa riferimento a coloro che hanno versato quindici anni di contributi prima del ’92 e per chi – sempre nello stesso anno – aveva ricevuto l’approvazione alla prosecuzione volontaria.
Infine potranno aderire anche i contribuenti che hanno pagato 25 anni di contributi e almeno 10 di essi con stagioni lavorative “incomplete”, purché la settimane coperte come contribuzione siano inferiori alle 52 totali.
