Le pensioni dei dipendenti pubblici si abbasseranno significativamente. Ma saranno interessate soltanto "alcune categorie".

Con una recente circolare pubblicata a metà agosto, la numero 2491, l’INPS ha comunicato che le pensioni godute anticipatamente dai dipendenti pubblici potrebbero veder variare i loro importi per via delle nuove aliquote di rendimento previste nella manovra di Bilancio scorsa.

Nello specifico i futuri soggetti interessati saranno coloro che hanno un’età compresa tra i 65 e massimo 67 anni e la cui variazione prenderà in considerazione esclusivamente la quota retributiva (escludendo dunque quella contributiva).



Quali pensioni saranno intaccate ai dipendenti pubblici

Fonte: Pixabay.com

Le pensioni dei dipendenti pubblici potrebbero prevedere degli importi differenti dai “soliti”. Ma non tutti, soltanto i cedolini di chi ha optato per lasciare il lavoro in anticipo e nei contribuenti nella fascia d’età 65 – 67.



L’ente spiega che principalmente la misura include i contribuenti iscritti alla gestione previdenziale e che lavorano nel comparto pubblico (tra cui sanità ed enti locali, prevedendo anche ufficiali giudiziari e docenti delle scuole).

Con la precedente Legge di Bilancio la soglia obbligatoria per concludere il lavoro è stata portata a 67 anni (niente di differente dal tetto per la vecchiaia), contro i precedenti 65.

Le aliquote rinnovate

Le nuove aliquote verranno conteggiate applicando il 2,5% annuo soltanto sulla parte retributiva. I contribuenti che verranno coinvolti nell’aggiornamento sono coloro che sono iscritti presso le casse Cps, Cpdel, Cpug e Cpi, e che prima del 31 dicembre dell’anno ’95 hanno maturato meno di 15 anni di contributi.



Naturalmente questa modifica renderà i cedolini più bassi, questo perché l’aliquota è stata considerata per via del fatto che l’anzianità contributiva accumulata in un determinato periodo è stata minore e di conseguenza non può garantire importi molto alti.

L’aliquota al 2,5% resta esclusa ai dipendenti che hanno deciso di dimettersi dal lavoro successivamente ai 67 anni e prima della soglia massima dei 70.

La risposta dei sindacati è dura e severa, specialmente la replica di Rita Longobardi, ovvero segretaria generale Uil Fpl, che reputa la misura “discriminatoria e ingiusta” nei confronti di chi ha prestato pubblico servizio al Paese con grinta, sacrifici e passione.