Il sistema delle pensioni italiane potrebbe far crescere l'età pensionabile. Ecco però le intenzioni di Durigon e del Governo Meloni.
Chi conosce il sistema delle pensioni in Italia sa che l’età pensionabile è proporzionata alla rivalutazione automatica come previsto dalla Fornero. Tra due anni però, secondo l’ISTAT ci potrebbe essere la possibilità di assistere ad un ulteriore incremento di tre mensilità.
Ed è proprio su questo che il Governo vorrebbe intervenire, cercando di fermare l’incremento com’è già accaduto ai tempi della pandemia. Stavolta il pretesto sarebbe altrettanto semplice, vista l’era finanziariamente complessa che stiamo attraversando.
Stop alle pensioni per l’età pensionabile
Nella prossima Legge di Bilancio potremmo aspettarci uno stop sull’età pensionabile delle pensioni. Giancarlo Giorgetti, nonché ministro dell’Economia, ha promesso di riuscirci (anche se ci vorranno circa tra 300 milioni e un miliardo di euro al massimo).
Le regole del potenziale “invecchiamento tardivo” non si limitano alla vecchiaia, ma anche alle forme di pensionamento anticipato sia per le donne che per gli uomini.
In un recente rapporto sul trend nel medio e lungo termine del sistema socio sanitario e previdenziale, stilato dalla Ragioneria dello Stato, si evince una criticità ben più importante: il rischio di percepire un cedolino più inferiore.
Il rischio di fermare l’incremento
La Ragioneria dello Stato ha analizzato la questione tanto desiderata dal ministro Giorgetti, e ha fatto notare che oltre al budget ingente necessario per attuare la misura, servirebbe una prevenzione per il rischio di perdere più potere d’acquisto.
Il problema più importante è la riduzione significativa dell’assegno, e questo per due motivi strettamente associati tra loro: il coefficiente di trasformazione e la minor quantità di contributi da versare (perché fermando il pensionamento non si pagherebbe la stessa contribuzione).
Che fine faranno Quota 103 ed Opzione Donna?
Nella futura manovra di Bilancio, che ipoteticamente potrebbe uscire a settembre 2025,si penserà ad abolire le misure temporanee ma soprattutto poco utilizzate (come Opzione Donna e Quota 103).
Entrambe le soluzioni sarebbero considerate “poco convenienti” per le regole e i requisiti restrittivi e talvolta “penalizzanti”.
Gli esperti stanno pensando a delle soluzioni che possano favorire le uscite ma in modo tale che i lavoratori raggiungano un buon numero di contributi (ad esempio per 25 anni) e un’età anagrafica più bassa, 64 anni circa.
Verosimilmente una situazione simile potrebbe agevolare i contribuenti con 1.575€ al mese di pensione e chi ha sfruttato in precedenza l’accantonamento dei fondi complementari nel TFR.