Prosegue senza sosta il lavoro di Peter Doshi per la trasparenza dei dati grezzi sui vaccini anti Covid. Il professore di Pharmaceutical Health Services Research, all’Università del Maryland, nonché editorialista della rivista scientifica British Medical Journal, sta analizzando da tempo i documenti che l’ente regolatorio Usa, la Food and Drug Administration (Fda) sta rilasciando, dopo che una sentenza del tribunale distrettuale del Texas ha imposto la pubblicazione dei documenti, ad un ritmo di 55mila pagine al mese, a partire dal marzo scorso. Dall’esame è emerso che Pfizer, sin dal lancio del vaccino Comirnaty, «ha assunto 600 nuovi dipendenti per far fronte al volume di segnalazioni ricevute sugli eventi avversi. Con la previsione di arrivare a 1.800 addetti in più, entro la prima metà del 2021». Peter Doshi ne parla al Fatto Quotidiano, chiarendo che si tratta di «un numero impressionante per il personale».
A preoccupare è «l’elevato volume di eventi avversi». D’altra parte, la reazione di Pfizer è positiva per Peter Doshi, perché vuol dire che il tema non viene affatto ignorato. All’esperto non risulta invece che le autorità di regolamentazione abbiano fatto lo stesso. «La mia impressione è che queste agenzie siano sopraffatte dalle segnalazioni, e non riescano a dar seguito nemmeno a quelle relative a episodi più preoccupanti, quelle inviate al sistema di segnalazione passiva, il Vaers (Vaccine adverse event reporting system, ndr)».
“TRASPARENZA? SOLO PER VACCINI PIENAMENTE APPROVATI”
Nell’intervista al Fatto Quotidiano, Peter Doshi si è detto sorpreso del fatto che l’Ema abbia negato ad un team di avvocati italiani di fornire i dati integrali sulla sicurezza del vaccino, perché concepiti come «segreto militare». Il professore comunque proprio su BMJ aveva denunciato un problema di trasparenza da parte degli enti regolatori, che evidentemente esiste ancora. «La Fda è stata costretta a rilasciare i dati di Pfizer, ma non è sufficiente. Che dire di AstraZeneca, Moderna e degli altri vaccini già somministrati? E, per Pfizer, che dire dei dati sui booster? E quelli relativi agli under 16? La Fda non rilascerà questi dati, perché l’obbligo di trasparenza è previsto solo in caso il vaccino sia “pienamente approvato”». Nell’intervista è stato citato anche uno studio della Charité di Berlino riguardo gli eventi avversi del vaccino, che però era stato ritirato, anche perché era emersi diversi limiti (come abbiamo avuto modo di approfondire). Riguardo la terza dose, invece, Doshi rimarca che Pfizer ha dichiarato un’efficacia del 91,1% fino a 6 mesi dalla seconda dose, dati che però sono stati smentiti. La questione in ogni caso dovrebbe essere un’altra. «Ciò che conta, a mio parere, non è il picco di efficacia, ma qual è l’efficacia della protezione quando sono esposto al virus, cosa che può accadere anche molti mesi dopo la vaccinazione. L’entità del beneficio può cambiare nel tempo».
“RICHIAMI VACCINI? POTENZIALI DANNI NEL TEMPO”
Peter Doshi si dice preoccupato anche per come è stata studiata la sicurezza dei booster dei vaccini anti Covid, perché servirebbero ampi studi randomizzati per avere prove di alta qualità. Ma il più grande è stato condotto da Pfizer su 10mila persone, provenienti da quello iniziale sulle prime dosi. Pur non dubitando della protezione che conferiscono i vaccini dalla forma grave di Covid, il professore al Fatto Quotidiano spiega che «i potenziali danni derivanti da dosi aggiuntive di vaccino si aggravano solo con il passare del tempo. Il bilancio danni-benefici deve quindi essere considerato con molta attenzione, e varierà notevolmente a seconda del rischio personale di una persona». Inoltre, ha evidenziato che la domanda per l’autorizzazione della quarta dose di Pfizer contava solo 329 persone e non c’erano dati di controllo, in quanto lo “standard” per gli studi sui booster è più basso rispetto a quello richiesto nel pieno della pandemia, invece dovrebbe essere il contrario per Doshi. «Le case farmaceutiche non sono più tenute a dimostrare che lo dosi di richiamo portino effettivamente a benefici maggiori per i pazienti. I booster vengono di fatto autorizzati in base al modo in cui modificano i livelli di anticorpi».