Pietro Pacciani, il caso del mostro di Firenze a Un giorno in pretura: gli otto duplici delitti, il processo e la morte del contadino di Scandicci
PIETRO PACCIANI È IL MOSTRO DI FIRENZE?
In 17 anni, dal 1968 al 1985 con periodi di silenzio più o meno lunghi ed una accelerazione nel 1981, si registrarono otto duplici omicidi tutti aventi la medesima firma e lo stesso modus operandi. Solo per uno – il delitto del 1968 – fu condannato un uomo in via definitiva (il marito della prima vittima). L’uomo, condannato a 16 anni, in una delle sue confessioni spiegò di essersi sbarazzato dell’arma, una Beretta calibro 22, poi finita, per motivi inspiegabili, in possesso di Pietro Pacciani. Ma come si arriva proprio a lui? Lo spiega ancora la criminologa che commenta: “Pacciani era un delinquente, un assassino, ha abusato delle figlie, ha avuto episodi di violenza nei loro confronti e nei confronti della moglie indicibili, un mostro perfetto, ma non il mostro di Firenze”. Contro Pacciani si apre un processo indiziario dando il via ad una storia giudiziaria controversa e incompleta: i suoi compagni di merende Mario Vanni e Giancarlo Lotti furono condannati in via definitiva per aver partecipato agli ultimi quattro omicidi, in concorso con il contadino Pacciani, morto prima di un giudizio definitivo. Ne seguì un processo ai presunti mandanti che si è concluso con l’assoluzione mai impugnata del farmacista di San Casciano Francesco Calamandrei ed una inchiesta ancora aperta, dopo oltre 50 anni dal primo duplice delitto, le Procure di Firenze e Perugia sono tutt’ora impegnate in un’indagine volta a individuare i presunti mandanti dei duplici omicidi.
COSA AFFASCINA DEL PROCESSO A PACCIANI
La criminologa Wilma Ciocci ha spiegato cos’è che ancora oggi intriga del processo a Pietro Pacciani: “Pacciani ha avuto un comportamento processuale improntato sui canoni della più totale menzogna: scaltro, lamentoso, bugiardo, patetico, implorante, aggressivo e minaccioso”, ha commentato. Il carattere dell’uomo e le sue abitudini di vita, fino al ritrovamento nella sua abitazione si un biglietto sul quale era annotata una targa con la scritta “coppia”, portarono ad aumentare i sospetti contro di lui. Per l’accusa gli elementi di prova contro di lui furono molteplici: “Pacciani è un guardone frequentatore di coppiette, è furbo, possiede armi sia da punta che da taglio ed è intelligente e quando il delitto sembra sproporzionato rispetto ai suoi limiti, allora ha dei complici. Pacciani aveva ucciso per motivi patologici nel 1951 ed avrebbe subito un trauma che ripeterà negli omicidi successivi”. Per l’esperta, la conclusione dell’accusa fu che Pacciani fosse affetto da anomalie sessuali, “come il mostro”.
