In Europa l'economia cresce in pochi Paesi, mentre altri sono vicini alla recessione e altri in sostanziale stagnazione
Appena due giorni fa la Bce ci ha raccontato che l’inflazione è ancora alta in Europa, un dato che non ci appare così evidente dato che il tendenziale per l’Euro area, pari al 2,5% in gennaio, si colloca solo alcuni decimali sopra il 2% che è il valore obiettivo della politica monetaria (e nel caso dell’Italia alcuni decimali sotto).
Nello stesso tempo ha riconosciuto, in maniera assai più realistica, che il livello di attività economica resta stagnante: “L’economia fronteggia perduranti difficoltà e i nostri esperti hanno nuovamente corretto al ribasso le proiezioni di crescita: allo 0,9% per il 2025, all’1,2% per il 2026 e all’1,3% per il 2027. Le revisioni al ribasso per il 2025 e il 2026 riflettono la diminuzione delle esportazioni e la continua debolezza degli investimenti, in parte a seguito dell’elevata incertezza sulle politiche commerciali e su quelle economiche più in generale”.
Ieri l’Eurostat, l’ente di statistica dell’Unione europea, ha confermato questa analisi pubblicando i dati sulla crescita nei differenti Paesi dell’Unione nel IV trimestre del 2024. Nell’ultimo periodo dello scorso anno il Pil destagionalizzato è infatti aumentato solo dello 0,2% nell’area dell’euro mentre, grazie ai Paesi dell’est Europa e scandinavi che non hanno adottato la moneta unica, è invece cresciuto dello 0,4% nell’intera Ue a 27 Paesi.
Poiché nel terzo trimestre del 2024 era cresciuto dello 0,4% in entrambe le aree è evidente il rallentamento nei Paesi dell’euro. Tuttavia, poiché il trimestre finale dell’anno era stato peggiore nel 2023 rispetto al 2024, anche questa piccola crescita congiunturale è stata in grado di migliorare il tasso tendenziale che, calcolato sul Pil destagionalizzato, si è attestato all’1,2% nell’area dell’euro e all’1,4% nell’Ue rispetto all’ 1,0% nell’area dell’euro e all’1,1% nell’Ue nel trimestre estivo.
In sostanza la crescita non è nulla, come si poteva temere a causa dell’eccessivo prolungamento delle politiche monetarie restrittive della Bce, ma non riesce comunque a schiodarsi dalla linea minimalista dell’1%, che è da considerarsi insoddisfacente se continuerà a protrarsi nel tempo.
Ovviamente il dato medio maschera dinamiche anche molto differenziate passando da un Paese all’altro. L’Italia sta facendo peggio sia rispetto all’Ue che all’euro area, con una crescita congiunturale nel quarto trimestre solo dello 0,1%, peraltro corretta dall’Istat rispetto alla precedente stima di crescita nulla, e tendenziale dello 0,6%. La regola generale sembra essere che le maggiori economie europee crescono poco o decrescono, mentre a portare il dato medio più verso l’alto è un certo numero di Paesi medi e piccoli grazie a dinamiche più sostenute:
– la Francia ha registrato una piccola diminuzione congiunturale (-0,1%) e un tendenziale uguale a quello italiano, dunque piccolo ma positivo;
– la Germania, invece, sia una riduzione congiunturale che tendenziale (-0,2% in entrambi i casi), con tutti i quattro trimestri del 2024 con tassi tendenziali negativi ancorché vicino allo zero;
– è invece in vera e propria recessione l’Austria, con tutti i quattro trimestri dello scorso anno caratterizzati da variazioni sia congiunturali che tendenziali con segno negativo, e con un -1,2% tendenziale nel IV trimestre.
Al di fuori di questi pochi ma grandi Paesi gli altri hanno valori tutti preceduti dal segno più, ma pochi di essi registrano una crescita tendenziale almeno pari al 2% e quasi tutti appartengono all’est Europa. Vi sono solo quattro casi di rilievo nell’Europa occidentale e tre di essi appartengono anche all’Europa meridionale:
– di essi quello più eclatante è la Spagna, con un congiunturale dello 0,8% nel quarto trimestre e tendenziale del 3,5%;
– segue a ruota il Portogallo, con il 2,8% tendenziale (e addirittura l’1,5% congiunturale);
– chiude la terna la Grecia con un tendenziale al 2,6% e congiunturale allo 0,9%;
– infine l’Irlanda che è un caso a sé, non confrontabile, a causa della presenza nell’economia dell’isola di grandi multinazionali e giganti del web che fatturano da lì e producono servizi principalmente attraverso i loro server più che attraverso occupati in carne e ossa: 3,6% congiunturale e 9,2% tendenziale, i quali tuttavia controbilanciano una prima metà dell’anno con variazioni di segno negativo.
Per ritrovare altri valori superiori al 2% tendenziale bisogna invece spostarsi verso Est o verso Nord: Polonia, Lituania, Bulgaria, ma non gli altri limitrofi, e Danimarca e Svezia, ma non la Finlandia.
In sintesi in Europa una buona crescita c’è, ma è ristretta a pochissimi e fortunati Paesi. Essa convive sul versante opposto con Paesi a rischio recessione, in particolare chi come la Germania ha sempre avuto come motore un’industria manifatturiera ora in declino. Infine, abbiamo in mezzo un gran numero di Paesi, tra cui il nostro, in condizioni di sostanziale stagnazione da cui sembra difficile uscire.
La crescita economica appare pertanto un fenomeno a macchia di leopardo e come si possa adottare per questi tre differenti gruppi una politica monetaria omogenea resta un interessante mistero.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.