Giù le mani dai veri lobbisti. “Alta pressione”, il saggio di Francesco Galietti pubblicato giovedì da Marsilio-collana Formiche con una prefazione del direttore de Il Tempo, Mario Sechi, fa la tac a un’etichetta particolarmente screditata negli ultimi tempi: quella di “lobbista”. Il giudice per le indagini preliminari dell’inchiesta per favoreggiamento e rivelazione del segreto d’ufficio sulla P4 ha scritto che il lobbying è “una professione particolare e difficilmente definibile”. In Italia, il termine “lobby” è infatti largamente usato – e spesso abusato – per evocare pressioni a favore di interessi particolaristici.
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In Italia, si sa, lobbying fa rima con poteri di fatto, quei poteri che stanno fuori dalle istituzioni e si esprimono sia manifestamente, sia sottotraccia, scatenando dietrologie a iosa. È credenza diffusa che nei palazzi romani seggano governi deboli, esposti quasi totalmente alle influenze e pressioni dei gruppi, talora diretta espressione della politica di pressione cui sono sottoposti. Fantocci in balia delle lobby, incapaci di autonomia decisionale e quasi totalmente “eterodiretti”. Questo, perlomeno, è il ritornello della grande stampa, dove il filone televisivo del governo debole e dei poteri occulti conosce un successo straordinario e inesauribile: “Sindaci, ministri, direttori di giornali e grand commis sono puntualmente ‘eterodiretti’ da potenti – e immancabilmente occulti – personaggi, i quali scambiano sapientemente leggine, appalti e quant’altro. È l’eterno romanzo della politica italiana, fatto di servizi deviati, burattinai nell’ombra, giornali collusi e poteri corrotti. Sullo sfondo, come le sagome mobili di cartone in un teatro di provincia, c’è lui. Il lobbista”.
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Il saggio critica aspramente l’assenza di regole per il lobbying in Italia, dove chiunque prova a influenzare le norme a proprio vantaggio, e dove gli interessi si accavallano. Talora il “lobbista” più influente è proprio lo Stato, specie per i settori dai quali le casse pubbliche traggono un gettito cospicuo sottoforma di imposte e canoni. Il gioco è un vizio? Pare non pensarla così lo Stato, vista l’incredibile offerta di gratta e vinci, estrazioni del lotto, concorsi istantanei, scommesse di ogni tipo che una volta sarebbero stati appannaggio di orride bettole, ma che oggi, debitamente ripuliti e disciplinati, soddisfano la sete di entrate pubbliche. Fumare fa male? Sarà, ma ai polmoni pubblici pare che faccia benissimo, almeno a giudicare dal gettito di accise degli ultimi anni. Un gettito fondamentale in tempo di crisi, al punto da indurre più volte a decretare aumenti dei pacchetti di sigarette, il cui prezzo incorpora una significativa componente fiscale.
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Galietti, che è stato un giovane consigliere di Tremonti e ha bazzicato i corridoi del ministero dell’Economia nel triennio iniziale della XVI legislatura, arriva nelle librerie in una fase di massima indignazione e di crescente scontento per i politici, le istituzioni, ma spesso anche per i rappresentanti delle parti sociali. Come ricorda l’autore, “il mistero, l’inaccessibilità arcana dei palazzi sono violati e ridicolizzati, le telefonate e i maneggi sono messi a nudo e sezionati sul freddo tavolo operatorio dell’opinione pubblica. È la logica implacabile del name and shame, della gogna mediatica, così diversa dai tempi lunghi dei tribunali e dalla rassicurante ovatta della procedura. Il processo sui giornali è immediato e cruento, riguarda tutto, non solo le fattispecie penali, rimbalza su internet e vi rimane a imperitura memoria con il suo strascico di commenti indignati e giudizi velenosi. Nell’anno dello scandalo 2011, le analogie con il 1992 e Mani Pulite si sprecano e i tradizionali simboli del potere – le auto blu con i finestrini oscurati, i portaborse, il cellulare perennemente premuto contro l’orecchio – sono guardati con sospetto. Un clima che ovviamente non può piacere a chi fa lobbying in maniera professionale, a rischio di essere etichettato come i tanti sodali dei politici e i trafficoni finiti nelle inchieste penali e di essere bollato per sempre come losco faccendiere frequentatore di palazzi”.