Gli auguri di Natale portano un’importante novità che dirada le ombre sul futuro del governo Letta, dopo l’uscita di Forza Italia dalla coalizione che ne ha assottigliato i numeri. «È difficile capire che cosa accadrà in Italia nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, nei prossimi anni», dice Matteo Renzi incontrando la stampa nel capoluogo fiorentino. Del diman non v’è certezza e il primo cittadino di Firenze ha deciso che, intanto, lui si ricandida a sindaco. Non esclude naturalmente che il suo mandato, in caso di rielezione possa terminare anzitempo se – come si augura – dovesse essere nel frattempo eletto presidente del Consiglio. Ma intanto non esclude neanche l’ipotesi contraria e cioè di restare a Palazzo Vecchio per altri cinque anni.
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Ipotesi quest’ultima alquanto improbabile. Ma la notizia insita in questa dichiarazione è un’altra. La notizia è che Renzi ha compiuto con chiarezza la scelta riformatrice, sa che per fare le riforme in base all’articolo 138 della Costituzione ci vuol tempo e sa anche che senza riforme – e soprattutto senza una nuova legge elettorale, che si fa in verità anche con legge ordinaria – il voto anticipato sarebbe un salto nel vuoto. E così offre la sua collaborazione da segretario del Pd pienamente legittimato dal consenso.
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Non sarà una carta bianca senza limiti di tempo e di contenuti. Renzi chiede più considerazione per la sua idea di riforma dello Stato, ispirata al concetto del sindaco d’Italia. Ma nel contempo offre un altro anno abbondante di pax governativa a Enrico Letta, il quale accetta di buon grado fiducioso nel fatto che questo arco temporale possa servire oltre che a condurre in porto la nave delle riforme (legge elettorale, forma di governo, fine del bicameralismo perfetto, riduzione del numero dei parlamentari, tagli dei costi e probabilmente riforma della giustizia) anche a salire, finalmente, sul treno della ripresa, il che renderebbe finalmente praticabile quel taglio, sin qui solo annunciato, al cuneo fiscale che appesantisce gli stipendi di oneri improduttivi.
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In questo quadro l’anno si chiude con qualche preoccupazione in meno di come si era aperto. Si abbassano le prospettive di durata della legislatura, e anche gli orizzonti programmatici, ma in questa lenta navigazione a vista si ha ragione di ritenere, oltre al dovere, che il peggio sia alle nostre spalle. L’insopportabile presente per centinaia di milioni di famiglie italiane è certo un interrogativo inquietante per tutti. Anche per chi non vive direttamente, in pieno, quei disagi, ma è chiamato a un surplus di attenzione e solidarietà verso chi è in stato di bisogno impellente, atteggiamento di cui la giornata della Colletta alimentare è stata di recente – come ogni anno, quest’anno più significativamente – uno splendido esempio.
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C’è di mezzo però l’appuntamento delle elezioni europee, in primavera. La propaganda che assegna all’euro – e non alla decennale idiosincrasia italiana a darsi delle riforme serie e praticabili – tutta la colpa di questo stato di cose si farà sentire e cercherà di mietere consensi. L’obiettivo di Grillo e Berlusconi, speculare, è quello di condannare a una cura dimagrante il Pd e il nuovo centrodestra di Alfano, così da costringere i democratici a un’alleanza anomala e sottomessa con 5 Stelle e il Ncd a ritornare all’ovile nel centrodestra. La prospettiva più ragionevole, di stampo tedesco, ossia quella di portare al vaglio degli elettori i risultati di questa alleanza appare al momento tanto ragionevole quanto – nei fatti – impraticabile.
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Ma, come si dice, in politica mai dire mai. Intanto c’è da non escludere che Berlusconi possa prima o poi ricordarsi di essere stato per lunghi anni il premier di questo Paese, rifuggendo dalla svolta populista cui si è consegnato per via dell’offensiva giudiziaria. E poi ci sarà da attendere l’arrivo – speriamo – di questa tanto attesa ripresa. Se così fosse sarebbe necessario ricordarsi di chi, sperando contro ogni speranza, in questi anni delicatissimi, ci ha messo la faccia rimboccandosi le maniche. Con i risultati che la temperie politica consentiva, certo, che infatti sono largamente insoddisfacenti. Ma qual che conta sarà l’esito finale. Se porteremo a casa la pelle sarà pur merito di qualcuno che ci ha creduto. E speriamo davvero che così sarà. L’alternativa, oltre a ingrassare qualche partito che punta sullo scontento se non sullo sfascio, non è davvero molto auspicabile.