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Home » Politica » CAOS SENATO/ 1. Sansonetti: senza Bersani, Renzi rischia la fine di Prodi

  • Politica

CAOS SENATO/ 1. Sansonetti: senza Bersani, Renzi rischia la fine di Prodi

Int. Piero Sansonetti
Pubblicato 11 Settembre 2015
bersani_angolo_simboloR400

Pier Luigi Bersani (Infophoto)

Per PIERO SANSONETTI sulla riforma del Senato è in gioco la leadership di Renzi: se vince questa battaglia resterà al potere per molti anni, se invece la perde si riaprono tutti i giochi

“Sulla riforma del Senato è in gioco la Renziership, cioè la leadership di Renzi, e soprattutto chi comanderà in Italia nei prossimi 15 anni. Se Renzi vince questa battaglia resterà al potere per molti anni, se invece la perde si riaprono tutti i giochi”. Piero Sansonetti, direttore del quotidiano Il Garantista, commenta così la battaglia sulla riforma costituzionale in corso al Senato. Ieri si è tenuta la riunione dei deputati e senatori Pd competenti in materia di riforme, cui hanno partecipato il ministro Maria Elena Boschi e il sottosegretario Luciano Pizzetti.


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Come si sta mettendo la partita per le riforme?

Renzi rischia molto. Io trovo un po’ azzardato chiedere una riforma costituzionale così pesante con una maggioranza così esigua, ammesso che ci sia, con metà partito contro e senza mandato elettorale. Gli elettori avevano affidato il mandato a Bersani, Berlusconi e Grillo. Tutti e tre sono contrari a questa riforma, e quindi la quasi totalità della rappresentanza eletta dai cittadini dice no. Non era mai successo che in Italia una riforma costituzionale fosse votata in queste condizioni. Il punto vero è che è sbagliato portarla avanti senza quantomeno il sì di Bersani.


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Per Roberto Speranza “non c’è un’apertura, tocca a Matteo farne una”. E’ davvero così?

Sì, spetta a Renzi portare avanti una mediazione. Al di là dei numeri, pensare di fare una riforma avendo contro il tuo partito e il leader che aveva vinto le elezioni, cioè Bersani, è un colpo di mano che non era stato mai fatto. Non voglio discutere se sia giusto o meno il Senato elettivo, e quindi su chi abbia la posizione più corretta dal punto di vista costituzionale. C’è però una questione di opportunità che nel caso di una riforma costituzionale è indiscutibile.

Eppure sono 70 anni che non si riesce a cambiare il bicameralismo perfetto…


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E’ normale che non si riesca a cambiare una costituzione, le costituzioni non si cambiano come i calzini. Negli anni 90, quando facevo il corrispondente dagli Stati Uniti, fu approvata una riforma costituzionale che era stata proposta nel 1818. Le costituzioni sono giustamente protette da regole e barriere che rendono quasi impossibile modificarle.

Alla fine si andrà allo scontro o si troverà una soluzione?

Per come si sono messe le cose credo che si vada allo scontro. Se Renzi pensa di avere i numeri, anche solo con un voto in più del necessario, andrà allo scontro. Se invece diventa evidente che non ha i numeri, dovrà accettare un compromesso. Ma è anche possibile che vada allo scontro pensando di avere i numeri, mentre non è così, e a quel punto si andrà a elezioni anticipate. E’ già successo altre volte nella storia italiana che qualcuno pensasse di avere i numeri mentre non li aveva. A cominciare da Prodi.

In caso di voto contrario si andrebbe a una scissione del Pd?

Se la riforma non passa non ci sarà nessuna scissione, Renzi si farà da parte e basta. Casomai la possibilità di scissione c’è se la riforma passa con il voto contrario della minoranza Pd. Anche in quest’ultimo caso però non è detto, perché non esiste una sinistra Pd con una sua leadership. E’ molto difficile fare una scissione proprio perché il punto di forza di Renzi è che la sua leadership è molto più forte di quella di tutti gli altri.

Comunque il nuovo Senato non voterà la fiducia al governo. Perché intestardirsi sull’elezione diretta?

Il problema è che se salta quell’articolo si ricomincia da capo, e quindi la riforma non passerebbe mai. A Renzi non dispiacerebbe neppure avere un Senato più controllato, anche se comunque non voterà la fiducia. Non mi sembra comunque una grande battaglia ideale, né da parte di Renzi né da parte della sinistra Pd.

 

Che cosa c’è veramente in gioco in questa battaglia?

E’ in gioco la Renziership, cioè la leadership di Renzi. E soprattutto chi comanderà in Italia nei prossimi 15 anni. Se Renzi vince questa battaglia, resterà al potere per molti anni, se invece la perde si riaprono tutti i giochi. Gran parte della borghesia e dell’industria italiana stanno con Renzi non tanto per le riforme che sta attuando, quanto perché vogliono stabilità e non vedono alternative. Se cadesse il governo, si riaprirebbe una situazione di instabilità politica in cui tutti possono tornare in gioco e aspirare al comando.

 

Come vede il calo di consensi di Renzi?

C’è stato un calo forte, e il principale errore di Renzi è stato mettersi contro gli insegnanti sulla riforma della scuola. Quello degli insegnanti è un serbatoio di consensi molto grande, e il premier se l’è giocato. Come tutti un po’ si è logorato, perché a differenza di quanto diceva Andreotti il potere un po’ logora. Renzi ha però ancora tanti consensi: non saranno più il 40%, ma anche il 30% è una buona cifra.

 

(Pietro Vernizzi)


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