Il ministro belga David Clarinval, che rappresenta il Paese presidente di turno dell’Unione Europea, ha reso manifesto l’allarme, il tremore che scuote la cuspide dell’Ue a causa del sommovimento delle campagne: “La rabbia degli agricoltori è multifattoriale, non è necessariamente per le stesse ragioni che manifestano da un Paese all’altro”, ma a livello europeo le loro preoccupazioni “devono essere prese più in considerazione”.
Crescono impetuose le importazioni dall’Ucraina, che è sì in guerra, ma che vede la sua produzione agricola riversarsi ora nelle nazioni europee per via del blocco di quelle via mare verso l’Africa e il Medio oriente, Egitto in primis. Vi è il costo crescente anche se altalenante del carburante; vi sono standard ecologici, eccetera. Ecco le cause della collera degli agricoltori.
A pochi mesi dalle elezioni di giugno, i 27 ministri dell’Agricoltura dell’Ue cercano di trovare risposta alla rabbia. Per ora si è partorito il “lancio” da Bruxelles di un “dialogo strategico” i cui contorni non sono ancora chiari, con una serie di riunioni che vedranno ai tavoli di lavoro della Commissione europea organizzazioni agricole e del settore agroalimentare, Ong ed “esperti”.
Una “iniziativa” che era stata promessa già a settembre dalla presidente dell’Esecutivo Ue, Ursula von der Leyen, che aveva ipotizzato “meno polarizzazione” sul Green Deal, proponendo di varare un vasto corpus legislativo ambientale che limitasse i vincoli e concedesse più libertà di iniziativa da parte degli agricoltori. “Un’iniziativa benvenuta, ma troppo tardiva”, ha dichiarato Copa-Cogeca, l’organizzazione dei sindacati agricoli maggioritari d’Europa.
A proposito di tremore e nervosismo, va registrata la dichiarazione, più irritata che mai, ma che sollevava la vera questione, del ministro spagnolo Luis Planas. Dinanzi alla questione agricola, che è esplosiva in vista delle elezioni europee, non ha trovato di meglio del dichiarare: “L’estrema destra sta cercando di usare gli agricoltori come leva politica. Devono essere difesi senza manipolazioni politiche. Questo dialogo avrebbe dovuto iniziare quando sono state presentate la nuova politica agricola comune (Pac) o il Green Deal. Le voci degli agricoltori devono essere ascoltate”.
Il fastidio viene da temi cruciali: redditi degli agricoltori, sostenibilità, innovazione tecnologica, competitività. E davanti alla bocca del vulcano, il vicepresidente della Commissione Maros Sefcovic dichiarava: “La polarizzazione si è intensificata, è imperativo definire una visione comune per garantire sia la competitività sia la sostenibilità. I partecipanti decideranno fino a che punto vogliono arrivare” . Si tratta, infatti, di preparare il terreno per la prossima Pac post-2028.
Mentre le recenti manifestazioni si riferiscono a vari fattori nazionali (la tassazione del gasolio in Germania, ad esempio), le scosse si sono moltiplicate ovunque: episodi meteorologici estremi, influenza aviaria, impennata dei prezzi dell’energia…
Un’altra questione controversa – l’ho detto poc’anzi – è l’afflusso di prodotti agricoli ucraini nell’Ue, dopo la revoca dei dazi nel 2022. Bruxelles avrebbe dovuto presentare ai Ventisette le sue proposte su un rinnovo a giugno, con probabili meccanismi di “salvaguardia”. Oltre agli agricoltori polacchi e rumeni, francesi e tedeschi, le organizzazioni agricole chiedono restrizioni su queste importazioni (cereali, pollame, zucchero, ecc.), accusate di minare i prezzi, facendo eco alle ricorrenti critiche agli accordi di libero scambio dell’Ue.
Soprattutto, c’è una comune “esasperazione” di fronte al “surriscaldamento normativo”, come denuncia il Copa. Prima voce del bilancio europeo, la nuova Pac entrata in vigore nel 2023 ha rafforzato gli obblighi ambientali (diversità, maggese, siepi, ecc.), mentre l’inflazione continua a falcidiare redditi e far salire i costi.
“Dobbiamo creare maggiore flessibilità di fronte alle sfide climatiche o economiche” e “dare priorità alla competitività” “semplificando gli standard”, ha detto il ministro rumeno Florin Barbu, ricordando di aver chiesto invano il proseguimento delle deroghe sulla messa a riposo. La Romania, del resto, è anch’essa scossa nel profondo, come la Germania e la Francia, la Polonia e i Paesi Bassi, dalle manifestazioni degli agricoltori.
Il Copa-Cogeca denuncia la “macchina normativa” che domina il cosiddetto Green Deal (con la strategia “dal produttore al consumatore” che non può valere che per una minoranza – abbiente – ristretta per merceologia dei consumatori e dei prodotti). Se si pensa che di norma di fatto non sono ancora sostanzialmente in vigore queste norme, ma solo annunciate e temute, si può immaginare cosa succederebbe s’esse venissero attuate.
Ecco il tremore e il terrore della cuspide Ue: pongono l’orecchio al suolo e sentono il boato dei bufali in corsa…
Nel mirino degli agricoltori, del resto, sta la direttiva sul cosiddetto “ripristino della natura” che promuove la “riparazione degli ecosistemi degradati”, che è stata in gran parte modificata dopo una violenta battaglia guidata dalla destra al Parlamento europeo.
Un altro testo relativo alle emissioni inquinanti dei grandi allevamenti di bestiame risparmierà gli allevamenti di bovini, ma riguarderà i suini e il pollame. I deputati europei, del resto, hanno respinto la legislazione che riduce l’uso di pesticidi e questa vittoria ha intensificato, piuttosto che fermato le proteste degli agricoltori. Lottare paga…
Di fronte alla crescente resistenza degli allevatori – e dei parlamentari conservatori -, la Commissione ha assunto impegni, proponendo, per esempio, di non legiferare come previsto sulla “protezione dei lupi” e abbandonando il piano per l’etichettatura nutrizionale che aveva sollevato grandi proteste.
Il Ppe, il gruppo più numeroso del Parlamento europeo, ha lavorato per annacquare drasticamente i testi agricoli, accusando “Bruxelles” di non aver – testuale – “Adattato le sue ambizioni verdi alla situazione attuale”. Al centro e a sinistra si chiede un maggiore sostegno finanziario agli agricoltori, soprattutto ora che l’Ue si prepara ad avviare il dibattito sul suo obiettivo climatico al 2040, che implicherebbe una netta decarbonizzazione del mondo agricolo (11% delle emissioni europee di gas serra).
La lotta continua.
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