Le condizioni di pace dettate da Putin: stop allargamento NATO, beni russi, neutralità Kiev e... Gli scenari con UE, USA e la linea rossa da non passare
MOSCA DETTA LE CONDIZIONI (IN FORMA ANONIMA): QUALE POTREBBE ESSERE IL MEMORANDUM SULLA PACE IN UCRAINA
Probabilmente non è un caso che l’indomani di quel «Putin scherza col fuoco, non lo riconosco più», da Mosca arriva una sibillina “fonte” diretta del Cremlino che rilascia alla Reuters una sorta di elenco delle condizioni di pace che la Russia potrebbe mettere sul piatto del famoso “memorandum” promesso a Kiev durante i colloqui in Turchia. Se infatti nel pomeriggio Peskov da Mosca ha sottolineato la necessità che i prossimi negoziati diretti con l’Ucraina potranno avere luogo a Istanbul dal semi-alleato Erdogan, le fonti citate dall’agenzia internazionale mostrano la decisione della Russia di ribadire che i contenuti del dossier in preparazione è piuttosto aspro e netto.
Non che siano condizioni “nuove”, ma “rispondono” in qualche modo all’intento americano di mettere alle strette Mosca, con Trump che fino all’ultimo cercherà un compromesso negoziale per guadagnare potenziali accordi anche economici tra Usa e Russia: e così con la triplice fonte citata dalla Reuters a Mosca, i contenuti dei prossimi negoziati di pace vedono Putin fissare tre punti su tutti. In primis, l’impegno scritto dei leader occidentali – dei cosiddetti “volenterosi” – di voler fermare l’allargamento ad est della NATO, di fatto implicando nella mancata adesione all’Alleanza Atlantica non solo l’Ucraina ma anche altre ex Repubbliche sovietiche come Georgia e Moldavia.
In secondo luogo, il Cremlino chiede la revoca di parte delle sanzioni occidentali contro la Russia: in terzo e ultimo piano, Mosca insiste nel voler una neutralità di Kiev al termine della guerra, con protezione della popolazione russofona all’interno dell’Ucraina. Non solo, le condizioni russe metterebbero sul tavolo anche il “disgelo” dei beni sovrani russi in Occidente.
TRUMP, ZELENSKY, PUTIN: UN “INCONTRO A TRE” AL MOMENTO RESTA LONTANO
Ora, che Putin non voglia finire la guerra nel breve sembra sempre più evidente anche a Trump, ma la volontà di inserire nel memorandum negoziale queste nette condizioni rappresenta di certo un passo avanti e una risposta al pressing operato dalla Casa Bianca. Mentre dall’ONU arriva un nuovo rapporto sui crimini di guerra dei russi nel Kherson, che segue quello su Bucha di un anno fa, le tensioni diplomatiche internazionali sono sempre più fibrillanti e sentono il peso anche della contemporanea guerra in corso nel Medio Oriente (dove l’Iran è uno dei principali alleati di Putin nello scacchiere ad est, ndr).
Di contro, da Kiev Zelensky continua a premere su Trump e i leader UE per avviare nuove sanzioni contro Mosca in modo da convocare un tavolo negoziale al più presto accettando 30 giorni di tregua e impostando la tregua duratura: su questa linea, il Presidente dell’Ucraina si dice anche disposto ad un tavolo a tre con Putin e Trump per evitare l’imbarazzo di un colloquio bilaterale con il leader del Cremlino. La risposta da Mosca è netta: i colloqui avverranno solo dopo che saranno stati impostati gli accordi di pace, ovvero dopo che saranno state accettate le condizioni della Russia.
Un impasse continuo, con la Casa Bianca sempre più insofferente contro Putin e al contempo in bilico tra minacciare di abbandonare le trattative e spingere per un potenziale sacrificio di entrambe le parti per arrivare alla tregua: la linea rossa da non oltrepassare – lo scoppio di una guerra mondiale effettiva – resta dirimente, con Trump, Putin, l’UE e lo stesso Zelensky che spingono i rispettivi avversari per fare ognuno un passo indietro ammettendo la sconfitta.
Secondo le fonti della Reuters la sensazione vissuta dal Cremlino è che se si dovesse rendere conto che dai negoziati non si arriverà a quelle condizioni fissate, allora potrebbero essere avanzate «dimostrazioni dolorose contro ucraini ed europei». Una minaccia, anche questa, che non potrà non seguire in quel caso ad una risposta altrettanto dura: a quel punto sarebbe guerra senza dubbio, evitare quella linea rossa è ora la parola d’ordine per i vari sherpa diplomatici in Occidente (e non solo, vedasi Arabia e Turchia).