Massimo Recalcati ritiene che dietro al patriarcato si nasconda il narcisismo dei giovani che non sanno accettare il rifiuto, finendo nel baratro della depressione davanti ad un fallimento

Massimo Recalcati, psicanalista e saggista, ha riflettuto con Repubblica ed Avvenire sulla violenza che permea i giovani e i loro rapporti. Come molti altri ritiene che sia in parte legato alla “cultura patriarcale“, secondo la quale “la donna viene concepita come afflitta da una minorità ontologica, cognitiva e morale” che finisce per far sentire l’uomo “autorizzato a esercitare su di essa un potere disciplinare che giustifica anche il ricordo alla violenza”.



Secondo Recalcati, la cultura patriarcale spinge anche i giovani a creare un legame “interminabile con la madre” che si prolunga nella vita adulta perché “la cultura del successo individuale e del principio di prestazione rende difficile l’elaborazione del fallimento e stimola la nascita di rapporti rifugio, adesivi, simbiotici, di nicchie narcisistiche separate del mondo”. Dietro al patriarcato, e quindi alla violenza contro le donne, spiega ancora Racalcati, si nasconde, insomma, “un mostro a due teste. La prima è quella del narcisismo, la seconda quella della depressione. La violenza maschilista”, spiega, “come spinta al dominio sul partner ridotto a proprietà esalta la dimensione narcisistica” che “porta con sé anche il gelo e il buio sconfinati della depressione”.



Recalcati: “I social alimentano i modelli di perfezione”

“Subire il rifiuto da una ragazza”, sintetizza Recalcati a Repubblica, “significa riconoscere i propri limiti, che non si può essere tutto, né avere tutto. Significa accettare una sconfitta delle proprie aspirazioni”. Un frutto questo, però, “prodotto dai genitori” che oggi cercando “di tutelare i loro figli proprio dal rischio del fallimento e della caduta”, con l’esito che i figli non sono più in grado di assumersi “le responsabilità delle loro parole e delle loro azioni”.



Un modello, però, che secondo Recalcati è anche perpetrato dal “mondo social [che] esalta il perfettismo e il principio di prestazione. Tutto deve apparire perfetto [e] anche l’eventuale caduta diviene un modo per raccogliere like”. Per risolvere tutto questo, però, non basta “introdurre nelle scuole un’ora di educazione affettiva, sessuale o sentimentale. Il rispetto per l’altro e in particolare per la donna”, spiega Recalcati, “non è una materia specialistica” ma “avviene innanzitutto nelle famiglie e nella scuola” che hanno il compito di “alimentare la cultura del rispetto della differenza: la testimonianza dal lato della famiglia che possano esistere relazioni ispirate dalla cura e dalla accoglienza e la cultura dal lato della Scuola come antidoto nei confronti della violenza”.