Si è ripreso, dalle 7 di stamattina, a votare. Si andrà avanti sino alle 15. Se il trend della affluenze registrato ieri si confermerà, i sostenitori delle ragioni referendarie potranno brindare, con ogni probabilità, al raggiungimento del quorum. Ovvero, del 50% + 1 di votanti.
Una consultazione dominata dai toni della resa dei conti finale; sebbene i promotori dei quesiti abbiano, per lo più, negato al referendum valenza politica, tra i leader e i colonnelli di Sel, Idv e Pd, regna un auspicio: che l’eventuale vittoria dei “Sì” rappresenti la spallata finale al governo Berlusconi, reduce dalla recente disfatta alle amministrative. Un auspicio e nulla più, in ogni caso. L’eventuale scenario post-referendario in caso di “sconfitta” per l’esecutivo (autore delle norme che si intende abrogare) è stato ben sintetizzato dal giovane sindaco di Firenze, Matteo Renzi: «Cioè lei pensa – aveva chiesto retoricamente ad un cronista – che, essendo rimasto al suo posto nonostante i processi, i bunga bunga, lo stato del Paese e tutto il resto, Berlusconi perde il referendum e si dimette?»
Concentrandosi sui dati, secondo le analisi degli esperti dei flussi elettorali, già l’affluenza alle 12 diffuso dal ministero dell’Interno era particolarmente significativa. Dalle serie storiche in archivio della direzione centrale dei servizi elettorali del Viminale, emerge, infatti, che dal 1974 il quorum è stato raggiunto laddove, alle 12 di domenica, l’affluenza sia stata superiore al 10 per cento (ci furono solamente tre eccezioni: nell’87, nel ’91 e nel ’93). E alle 12 di ieri, si attestava tra l’11,63 e l’11,64, a seconda dei quesiti.
Di interpretazione più difficile il dato delle ore 19. Dal 1974 al 2001, infatti, il Viminale ha fornito l’affluenza alle 17. Solo dal 2003 ha iniziato a fornire quella delle 19. Sono stati 4, da allora, i referendum. Solo uno di questi è passato, nel 2006, ma era un referendum costituzionale confermativo (riguardava la seconda parte della Costituzione) che non prevedeva il quorum del 50% + 1. In ogni caso, alle 19 aveva votato il 22,4%. Si raggiunse, infine, il 52,5% degli elettori aventi diritto. Gli altri 3 quesiti riguardavano: il reintegro dei lavoratori illegittimamente licenziati. Si tenne nel 2003, e alle 19 di domenica aveva votato il 10,4% degli elettori; la fecondazione assistita, nel 2005. Alle 19 si era raggiunto il 13,3% ; la legge elettorale, infine, nel 2009. Alle 19, si era recato alle urne l’11,3% degli elettori.
50 per cento + 1, comunque vada, è uno scoglio difficilmente superabile, corrispondente a 25 milioni 209.346 cittadini aventi diritto. Ai 47.118.784 elettori residenti in Italia, di cui 22.604.585 maschi e 24.514.199 femmine, vanno infatti sommati i 3.299.905 elettori della circoscrizione estera. Anche il loro voto viene computato per conferire validità alla consultazione. Senza di loro, la meta sarebbe meno ardua, aggirandosi sui 22milioni e 132mila voti validi.
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– Il primo quesito sull’acqua prevede l’abrogazione di quelle norme che consentono, attualmente, di affidare la gestione dei servizi idrici locali ad operatori privati. Alle 12 di ieri la scheda di colore rosso è stata ritirata dall’11,64% degli aventi diritto, alle 19 dal 30,34%, mentre alle 22 dal 41,14%.– Prevede «l’abrogazione delle norme che stabiliscono la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, il cui importo prevede attualmente anche la remunerazione del capitale investito dal gestore». In sostanza, votando “Sì” si elimina la possibilità, per gli operatori privati che dovessero gestire i servizi idrici pubblici, di perseguire un profitto. La relativa scheda gialla è stata ritirata, alle 12 di ieri, dall’11,64% degli aventi diritto, alle 19 dal 30,35%, mentre alle 22 dal 41,14%. – Votandolo, si abrogano tutte le norme che consentono di produrre sul territorio nazionale energia elettrica dalle centrali atomiche. Il suo sviluppo è stato decisamente controverso. La Corte di Cassazione, infatti, ha deciso di riformularlo dopo che la precedente versione era decaduta in seguito ad un emendamento inserito dal governo nel decreto Omnibus (successivamente tradotto in legge) che sospendeva ogni norma relativa all’energia atomica per un periodo di 12 mesi. La nuova versione consente l’applicazione alla normativa vigente. Tuttavia, gli italiani all’estero (ai quali ambasciate e consolati erano tenuti e far pervenire le schede entro il 25 maggio) hanno votato entro il 2 giugno. Ebbene: la Cassazione si era espressa il primo giugno, quando ormai era troppo tardi per ristampare le schede con il nuovo quesito riformulato. Il leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro ha presentato un ricorso in Cassazione chiedendo che gli italiani espatriati non siano conteggiati, almeno nel computo sul quesito sul nucleare. Tale quesito è stato votato, alle 12 di ieri, dall’11,62% degli aventi diritto, alle 19 dal 30,32%, mentre alle 22 dal 41,11%.
Ponendo una croce all’interno della casella con il “Sì” si abrogano quelle norme «in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale». Hanno votato, alle 12 di ieri, l’11,62% degli aventi diritto, alle 19 il 30,32%, mentre alle 22 il 41,10%.