Revoca visti Usa agli studenti cinesi/ Il costo per le università e perché è questione di sicurezza nazionale
Dietro il muro che le università americane stanno tentando di alzare contro la revoca visti Usa per gli studenti cinesi, potrebbero esserci ragioni economiche. La mossa annunciata dall’amministrazione Trump potrebbe creare dei buchi nei loro bilanci finanziari, ma tale decisione, che ha portato alla sospensione dei colloqui per i nuovi visti, rientra in una politica più ampia, anche contro l’influenza della Cina. Ne parla il Wall Street Journal, spiegando come, nelle università Usa, sia aumentato in modo significativo il numero degli studenti cinesi, in particolare dopo la crisi finanziaria del 2008-2009.
In genere, i laureandi cinesi pagano le tasse universitarie per intero, quindi rappresentano una fonte di reddito fondamentale per le università. Nel 2023, sono stati spesi 14,3 miliardi di dollari in tasse universitarie e libri. Un quarto degli studenti internazionali proviene dalla Cina, e gli studenti cinesi rappresentano una parte significativa degli iscritti nelle università più prestigiose degli Stati Uniti.
Secondo gli esperti, un drastico calo delle iscrizioni dalla Cina potrebbe ridurre notevolmente i ricavi degli atenei e compromettere la competitività del paese.
COSA C’È DIETRO LA REVOCA VISTI USA AGLI STUDENTI CINESI
D’altra parte, c’è anche una questione di sicurezza nazionale, perché alcuni studenti hanno legami con il Partito Comunista Cinese o studiano in settori critici, quindi portano il know-how in patria dopo la laurea.
In questa sorta di nuova guerra fredda, gli Stati Uniti puntano il dito contro gli studenti cinesi, in quanto li considerano una minaccia strategica e ideologica. Infatti, il segretario di Stato Marco Rubio ha annunciato che le revoche riguarderanno gli studenti di facoltà “sensibili” o con presunti legami con il Partito Comunista Cinese.
Già nel suo primo mandato, Trump aveva accusato gli studenti cinesi di spionaggio. Ora, però, la stretta è più forte, nella convinzione che vengano formati in America e poi servano alla Cina. Ma questa misura non è solo difensiva, bensì anche ideologica, perché mira a interrompere il flusso culturale e scientifico tra Usa e Cina, eliminando le influenze straniere.
UNA QUESTIONE DI SICUREZZA NAZIONALE?
Infatti, i sospetti sono cresciuti soprattutto nei confronti degli studenti cinesi che studiano scienze, tecnologia, ingegneria e matematica, la fetta più grande di studenti cinesi negli Stati Uniti, visto che gli Stati Uniti e la Cina si stanno scontrando anche a livello di supremazia tecnologica e geopolitica. Non a caso, nel gennaio scorso, il senatore Jim Risch definiva ogni studente STEM proveniente dalla Cina come un “agente del Partito Comunista Cinese“.
Una commissione parlamentare ad hoc sulla Cina, che da Harvard vuole informazioni sulla sua collaborazione con enti cinesi, all’inizio di quest’anno aveva chiesto a sei università chiarimenti sugli studenti cinesi laureati in programmi STEM, come le loro matrici e le fonti di finanziamento, mettendo in discussione il loro coinvolgimento nella ricerca finanziata a livello federale.