La riforma del fisco che sta studiando il Governo potrebbe rivelarsi una stangata su casa e salute. In primis, l’obiettivo è tagliare le cosiddette “tax expenditures”, un ginepraio di oltre 500 bonus fiscali. Tutti i governi dal 2015 in poi ci hanno provato, fallendo, ma ora M5s e Pd sembrano fare sul serio, ma con una filosofia diversa. Gli altri governi avevano provato a fare una selezione tra i bonus, invece questo esecutivo si concentrerà sulle detrazioni che erano considerate intoccabili, secondo quanto riportato da Il Giornale. Pensiamo alle spese mediche, gli interessi passivi dei mutui per la prima casa, le spese per l’asilo nido e l’educazione in genere, oltre alle spese veterinarie e per le attività sportive. Secondo il Sole 24 ore, il Governo vorrebbe limitare l’ammontare massimo delle detrazioni al 2% per i redditi tra i 55mila e i 75mila euro lordi. Quindi, le penalizzazioni scatterebbero dai redditi che partono dai 2.500 euro mensili netti. Di conseguenza, chi ha un mutuo, figli all’asilo nido e spese mediche, ma ha un reddito di 100mila euro potrà abbattere l’Irpef al massimo di 2mila euro, mille nel caso di redditi da 50mila euro.
RIFORMA FISCO, TETTO ALLE DETRAZIONI PENALIZZA CETI MEDI
Il premier Giuseppe Conte e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri più volte hanno dichiarato di voler favorire i redditi medi, ma il taglio delle detrazioni al 19% su una fascina come quella sopraccitata colpirebbe i ceti medi. Al momento non ci sono cifre e stime sull’eventuale riforma del fisco, ma secondo quanto riportato da Il Giornale, il Governo punta a ricavare fino a 20 miliardi per finanziare il taglio del cuneo fiscale e l’assegno unico per i figli. Una misura così drastica però potrebbe essere giustificata da una riforma delle aliquote Irpef che favorisca i redditi medi. Invece la riforma delle “tax expenditures” che sta preparando il ministero dell’Economia accentuerebbe le penalizzazioni sui ceti medi e le famiglie. L’alternativa sono le ecotasse da 2,9 miliardi predisposte dal ministero dell’Ambiente, sempre che passino il vaglio dell’Unione europea e che il ministro Costa accetti che il Mef faccia cassa con il suo piano.