Sono due le priorità per l’Italia secondo Luigi Sbarra. Intervenuto ai microfoni di QN, il segretario della Cisl ha invocato interventi rapidi sia sul versante caro-energia, sia sulla riforma delle pensioni. Su quest’ultimo punto, è necessario arrivare a una vera uscita flessibile dal lavoro.
“Di fondo deve essere ammessa la possibilità di uscire dal lavoro raggiunti i 41 anni di contributi e, in ogni caso, a partire da 62 anni di età. Le risorse vanno trovate nel tesoretto lasciato dalle dotazioni inutilizzate di quota 100 e dalle economie generate dalla legge Fornero”, le parole di Sbarra. Poi una battuta sul possibile asse con Salvini: “Le riforme non si possono fare a fette. Quota 41 può essere una buona base, a cui però vanno affiancati tutti gli altri elementi di tutela, a partire dalla pensione di garanzia per i giovani e le donne. La Cisl si confronterà con chiunque voglia aprire un dialogo per evitare l’odioso scalone a 67 anni a gennaio”. (Aggiornamento di MB)
LE RICHIESTE DELLA CISL SULLA RIFORMA PENSIONI 2022
Dopo la Uil e la Cgil anche la Cisl conferma l’interesse per un tipo di riforma pensioni che tra il 2022 e il 2023 impedisca il ritorno della Legge Fornero e al contempo liberi “spazio” per posti di lavoro mandando lavoratori a riposto con meritata pensione di vecchiaia. La proposta della Lega sulla Quota 41 per tutti tiene ancora banco ma è proprio il sindacato diretto da Luigi Sbarra ad essere il più convinto sostenitore nella platea delle parti sociali. Intervistata da Radio Cusano Campus stamane a “Fino a qui tutto bene”, la Segretario nazizionale Fnp Cisl Patrizia Volponi sottolinea l’importanza di una riforma che già a fine 2022 impedisca il ritorno dello “spauracchio” Fornero.
«67 anni sono tanti, è l’età più anziana a livello europeo per andare in pensione, questo è quanto ha voluto la Legge Fornero che comunque ha fatto risparmiare tanti miliardi. Questi miliardi potrebbero essere utilizzati per Quota 41», spiega Volponi. Ad oggi se venisse introdotta la legge proposta dal Centrodestra, «consentirebbe a circa 800 mila persone di andare in pensione in tre anni e dovrebbe consentire anche ad una quota di giovani di subentrare nel mondo del lavoro».
TRA QUOTA 41 E RIFORMA PENSIONI MINIME: I CONTI DELL’OSSERVATORIO
Secondo ancora Volponi della Cisl, la riforma pensioni di Quota 41 è la prima ricetta giusta per cominciare una discussione più ampia sul tema della previdenza: «Da parte del governo non ci sono state ancora risposte e non ce ne saranno visto che il governo ormai è soltanto per l’ordinaria amministrazione. Per cui il rischio che dal 1 gennaio riparta la legge Fornero è molto alto», conclude la sindacalista allarmata sul fronte pensioni dall’attuale scenario politico economico.
Dalla Quota 41 alla riforma pensioni minime a 1000 euro, è ancora il piano del Centrodestra a venir “scandagliato” per capire la copertura dei costi e l’effettiva sostenibilità del piano: l’Osservatorio dei conti pubblici italiani guidato da Carlo Cottarelli (ora però candidato capolista nelle liste del Pd a Milano per il Senato) boccia la proposta di Forza Italia sulle minime, in quanto il costo sarebbe all’incirca sui 31 miliardi di euro. «I pensionati – analizza ancora l’Osservatorio – con importi di reddito pensionistico fino al trattamento minimo (515,58 euro) erano circa il 13% (2,1 milioni) con un reddito medio lordo annuo pari a 3.791 euro; quelli con reddito pensionistico pari due volte il minimo (tra 515,59 e 1031,16 euro) erano il 24% (3,8 milioni) con un importo medio annuo di 9.608,92 euro».