Il governo Meloni aveva promesso una legge strutturale sulle pensioni entro il 2023, ma vista la situazione, è stata costretta a rimandare la riforma pensioni direttamente al 2024. Qualora la legge strutturale dovesse essere varata dunque entrerebbe in vigore a partire dal 2025. Molte le ipotesi che sono state avanzate in questi ultimi mesi, ma il governo ancora non ha la ricetta pronta ed è stato costretto a nominare una commissione speciale che valuti l’impatto socio economico di qualsiasi misura adottata e inserita in normativa.
Riforma pensioni 2023: l’ipotesi per il 2024
Poiché nel 2022 l’età media dei pensionati è stata di 62 anni, ma anche perché questi beneficiavano delle precedenti misure ponte come quota 100 e quota 102 attraverso una cristallizzazione del diritto, è parso utile ipotizzare una riconferma di quota 41 universale. Qualora la riforma pensioni dovesse essere commisurata a questa proposta, mi farebbero le spese soprattutto i giovani che sono caratterizzati da una discontinuità contributiva, ma anche gli over 50 che hanno dovuto subire sulla propria pelle le crisi economiche del 2008-2009.
Il beneficio maggiore potrebbe essere destinato a quei dipendenti pubblici che hanno ottenuto un lavoro fisso già all’età di 21 anni, oppure quei dipendenti pubblici o privati che hanno avuto una continuità contributiva sin dalla giovane età.
L’incognita vera e propria, quella che avrebbe potuto far detonare la bomba sociale nel sistema previdenziale è la quasi totale assenza di un ammortizzatore previdenziale puro come poteva essere Ape Sociale, che il vecchio ministro del lavoro Andrea Orlando avrebbe voluto rendere strutturale.
Riforma pensioni 2023: cos’è l’Ape sociale potenziata fino a 1500 euro
Adesso si parla di un Ape sociale estesa oppure potenziata: l’anticipo pensionistico viene erogato dall’INPS a favore di specifiche categorie di soggetti che abbiano maturato 63 anni di età un’anzianità contributiva tra i 30 e i 36 anni, ma soltanto in presenza di particolari condizioni. Ad esempio l’ape sociale è destinata ai disoccupati con esaurimento integrale della prestazione di disoccupazione spettante, gli invalidi civili con percentuale uguale o maggiore al 74%, i Caregiver, lavoratore dipendente impiegati in attività particolarmente difficoltosi e rischiose e quindi anche a coloro che svolgono lavori usuranti.
l’INPS, in favore di queste categorie potrebbe erogare, qualora la misura sia inserita all’interno della legge strutturale sulle pensioni, un assegno potenziato fino a 1.500 euro per quattro anni. Ciò pone il prepensionamento all’età di 63 anni.