Sul "fronte" riforma pensioni 2026 le speranze di un rinnovo importante sono sempre meno. Le prospettive di uscita anticipata sono "chiare".
Purtroppo la riforma pensioni del 2026 continua ad essere un rebus. A settembre dovrebbe arrivare la nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, all’interno della quale ci si aspettano dei cambiamenti (seppur molto lievi).
Un esempio potrebbe essere l’arrivo di Quota 41 al posto di Quota 103, anche se occorrerà analizzare il budget per comprendere quanto sia realmente fattibile. Tuttavia, resta in vigore la Fornero, che non rivoluzionerà null’altro, motivo per cui chi vorrà uscire dal lavoro dovrà considerare le condizioni minime attualmente in vigore.
Le mosse del Governo sulla riforma pensioni 2026
La riforma pensioni nel 2026 potrebbe essere incentrata sui welfare previdenziali, cercando di aiutare i pensionati a trovare delle soluzioni per un pensionamento anticipato e al tempo stesso un cedolino soddisfacente. Tra le idee più concrete e realizzabili individuiamo la spinta sui fondi integrativi (un supplemento rispetto alla previdenza ordinaria).
Così come ha riferito anche Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, l’esecutivo del Governo Meloni starebbe pensando di bloccare l’adeguamento all’inflazione, che dalle prime stime aumenterebbe l’età pensionabile. Tuttavia questa opzione non garantirebbe effetti se non prima dei prossimi due anni.
A fronte di ciò, possiamo farci un’idea di chi potrebbe andare in stato di quiescenza potendo anticipare l’età di vecchiaia (ad oggi prevista a 67 anni). E se è pur vero che il nostro sistema pensionistico prevede un’uscita più “tardiva” rispetto agli ulteriori Paesi, è altrettanto vero che con delle soluzioni temporanee è possibile pensionarsi “prima”.
Chi potrebbe uscire dal lavoro l’anno prossimo?

Salvo che non ci siano dei grandi cambiamenti (e quasi sicuramente non ce ne saranno), nel 2026 potranno uscire chi è nato nell’anno ‘59. Per loro valgono anche le deroghe Amato, che gli permettono di uscire a 67 anni e con 15 anni di contribuzione (piuttosto che i fatidici 20).
Non mancano le occasioni per poter uscire prima e al di là dell’età anagrafica, a patto che si abbiano 41 anni e 10 mesi di contribuzione per le donne (un anno in più per gli uomini). Una simile condizione è possibile per i lavoratori che hanno iniziato l’attività presto e con almeno un contributo pagato prima dello scadere dell’anno ’95.
Non mancheranno infine le ulteriori opzioni come Ape Sociale, la Quota 41 in modalità “flessibile” e il cedolino anticipato ma contributivo (coinvolgeranno quasi sicuramente i nati nel ’62), consiste nell’aver versato 25 anni di contributi, avere almeno 64 anni e l’assegno sociale minimo entro un massimo di 3 volte.
