Diversi recenti interventi di Mattarella puntano a rafforzare il concreto interesse nazionale contro riforme rischiose e fattori di disgregazione
Con sobria puntualità, in questo autunno, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ripreso il filo per cucire una serie di elementi caratterizzanti il profilo della nostra comunità nazionale. Accendendo la fiaccola olimpica, ha ricordato che un “comune destino” e “progresso” richiedono “umana fraternità, sollecita solidarietà” e questo “esige che non vi sia sopraffazione, che venga bandita ogni pretesa di superiorità per origine etnica, per credo religioso, per condizione sociale”.
In altre occasioni, ha richiamato anche il significato di solidarietà e legalità. Quando siamo tentati di perpetrare modi di fare socialmente nocivi perché, in fondo, “si è sempre fatto così”, ci ricorda che esistono “comportamenti di piena correttezza, sovente di generosa e autentica solidarietà (…) di gran lunga più numerosi” di quelli fraudolenti, ma bisogna praticarli.
Poche righe ma dense di alti valori costituzionali che sembrano indicare una rotta, tracciare una direttrice programmatica di lunga veduta di fronte a sfide che devono essere affrontate dalla politica, ma anche dal tessuto sociale, che chiamano in causa la “classe dirigente” del Paese.
Ancora, con la chiarezza di chi non nasconde le difficoltà, ma si sbilancia sulla speranza, Mattarella è tornato sul tema della “generatività”, che “ha valore umano e ha valore sociale”, lanciando un monito davvero poderoso: “Occorre aiutare la vita a sbocciare e porre le persone al centro degli interessi della comunità (…) non siamo condannati al declino”.

Affianco alle questioni di ordine sociale, sono richiamate anche quelle che riguardano l’Italia come soggetto istituzionale, all’interno e all’esterno. All’Assemblea dell’ANCI, il capo dello Stato ha ricordato che “non possiamo accontentarci di una democrazia a bassa intensità”, dove le elezioni sono disertate, ad esempio. Infatti, ha spiegato, questa “carenza non potrebbe in alcun modo essere colmata da meccanismi tecnici, che potrebbero anche aggravarla: la rappresentatività è un’altra cosa e va perseguita e coltivata con grande determinazione”.
Anche sulla guerra e sulla pace il presidente della Repubblica è stato piuttosto netto, in diverse occasioni. Nel presiedere il Consiglio supremo di difesa, ha indicato pieno sostegno all’Ucraina nel quadro di un’attività internazionale coordinata con Unione Europea e NATO, sottolineando, anche per la questione mediorientale, il ripristino del diritto internazionale come metodo imprescindibile per l’Italia.
Così, le ambizioni territoriali russe e l’interlocuzione con rappresentanti del popolo palestinese – e anche le questioni libica e sudanese – possono trovare una ricomposizione altrimenti affidata alla violenza. La direttrice è quella di concludere i conflitti attraverso una concertazione internazionale, utilizzando le leve opportune, non cedendo alla retorica della guerra, anche difensiva.
Uno scenario complesso che richiederebbe maggiore sinergia all’interno dell’Unione Europea, per mettere a fuoco l’interesse comune e iniziare a perseguirlo. I due piani, sociale e internazionale, si intrecciano di fronte alla consapevolezza della attuale “manipolazione dello spazio cognitivo, attraverso campagne di disinformazione, interferenze nei processi democratici, costruzione di narrazioni polarizzanti e sfruttamento delle piattaforme digitali per indebolire la fiducia nelle istituzioni e minare la coesione sociale”.
Gli interventi del presidente Mattarella sembrano sviluppare una sorta di “agenda condivisa” emersa in occasione della visita di Stato di papa Leone XIV al Quirinale. I discorsi dei due protagonisti, infatti, si sovrappongono senza ripetersi, completandosi, proprio sui temi della situazione internazionale, della questione sociale e della vita, della natalità.
In quella sede è emersa una “immagine programmatica” dell’Italia a cui il Quirinale ha iniziato a contribuire a partire dalla “riaffermazione dei principi di un consenso costituzionale in positivo”. Su questi punti, infatti, non valgono più gli schemi del recente passato. Sulla natalità, ad esempio, fino a qualche anno fa, la prospettiva cattolica che segnalava l’esigenza di curare gli interessi delle coppie per contribuire al progresso demografico era accostata alla retorica novecentesca sugli sforzi individuali per il progresso della “Patria”.
Sulla pace non sono più sostenibili prese di posizione acritiche e ideologiche, siamo in una fase in cui il realismo e la ponderazione strategica delle conseguenze – economiche e sociali – delle scelte internazionali sono palpabili da tutte le frange della popolazione.
Il Quirinale con i suoi interventi sta facendo chiarezza sulla necessità di convergere verso il concreto interesse nazionale, da tutte le prospettive, senza più mentalità divisive. Un’azione che è coerente con la funzione del Presidente della Repubblica nel nostro sistema costituzionale. Soprattutto in presenza di un governo espressione di una maggioranza stabile, di segno diverso, il Presidente non è estraneo agli indirizzi alti e di sistema che tutte le istituzioni repubblicane devono realizzare, ciascuna nell’ambito del proprio ruolo.
Questo è anche importante per scongiurare operazioni di ingegneria costituzionale che intendono riparare dal versante tecnico tutte le insufficienze della politica, immaginando pericolose miscele di funzioni e sovrapposizioni di ruoli, come nella proposta di elezione diretta del presidente del Consiglio dei ministri (il cosiddetto premierato), che sarebbero letali proprio per la cura e la tessitura delle questioni richiamate.
Su questi e altri interessi strutturali per il Paese, infatti, l’attuale assetto di integrazione di livelli e competenze, non può rinunciare al virtuoso equilibrio tra Governo e Presidenza della Repubblica.
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