Sembrava, fino a poche settimane fa, che la vittoria del Pd, a Roma, fosse scontata. Anzi, era scontata la sconfitta di Alemanno che, pure lui, di scandali non se n’è fatti mancare. Pare, invece, che i democratici romani abbiano non pochi problemi e rischiano una sconfitta in retromarcia. Il putiferio nazionale, infatti, sta avendo ripercussioni anche sul Pd capitolino, di cui sono stati azzerati i vertici. A due giorni dalle presentazione delle liste comunali e municipali, l’intera segreteria si è dimessa. Non ha retto alle polemiche e agli scontri tra correnti interne. In particolare, il segretario romano, Marco Miccoli, si è sentito, di fatto, sfiduciato dopo le accuse di favoritismi nei confronti della propria corrente (ovvero, quella di Zingaretti, il presidente della Regione) e di Marino, il candidato alla corsa per il Campidoglio. Come se non bastasse, gran parte del partito, specialmente i renziani e i franceschiniani, continuavano a chiederne insistentemente la destituzione, rinfacciandogli il doppio incarico (è stato eletto deputato) e di voler spostare, attraverso una gestione estremamente centralistica, l’asse del Pd troppo a sinistra. Attualmente, il Pd romano sarà retto da un presidente di garanzia, il consigliere regionale Eugenio Patanè.