Il tribunale di Roma ha emesso una sentenza destinata a stravolgere i principi contenuti nella legge 40 sula fecondazione in vitro. Essa, in Italia, è prevista esclusivamente per le coppie sterili. La ratio di tale impostazione consistette nell’impedire derive eugenetiche e la selezione di un figlio sano. Tuttavia, la corte capitolina, recependo i principi della Corte europea dei diritti dell’uomo che ritiene legittimo il ricorso alla Fiv anche per le coppie fertili, ha dato l’ok alla diagnosi preimpianto per una coppia di portatori sani di fibrosi cistica che vuol utilizzare la fecondazione in vitro. Il tutto a carico del Servizio sanitario nazionale. E’ stata il giudice Donatella Galterio a stabilire «il diritto dei signori Rosetta Costa e Walter Pavan a sottoporsi al procedimento di procreazione medicalmente assistita con trasferimento in utero della signora Costa, previo esame clinico e diagnostico degli embrioni creati tramite fecondazione in vitro, solo degli embrioni sani o portatori sani rispetto alla patologia da cui sono affette le parti mediante le metodologie previste dalla scienza medica e con crioconservazione degli embrioni malati sino all’esito della tutela di merito». La coppia ha già un figlio affetto da fibrosi cistica.