La rottamazione delle cartelle sarà ben presto confermata, attualmente è quasi certo l'inserimento di paletti significativi per tutti.
La rottamazione delle cartelle sembra aver definito le regole definitive previste per chi avrà la fortuna e la voglia di aderire. Al suo interno sono state previste delle revisioni importanti, dalle norme sui decaduti alla rateizzazione fino a 96 rate.
Contrariamente all’ipotesi di applicare delle restrizioni sulla definizione agevolata, stavolta il Governo è sembrato più morbido anche nei confronti dei decaduti, permettendo un rientro “diverso” dagli altri debitori.
La nuova rottamazione cartelle in definizione
La prima novità della prossima rottamazione delle cartelle consiste nel permettere a chi è decaduto una prima volta e a chi non ha alcuna rateizzazione in corso, di poter aderire nuovamente potendo concordarsi a saldare fino ad 8 anni.
Oggi a Palazzo Chigi ci sarà un’assemblea dove la maggioranza definirà l’emendamento della definizione agevolata, rettificando la precedente Legge di Alberto Gusmeroli che voleva allungare la rottamazione fino a 10 anni, e riducendola a 8.
Complessivamente si parlerà di 96 rate da poter pagare senza interessi di mora o multe, così da poter rendere l’estinzione del debito “più semplice e facile”.
Decadimento a 2 rate
Un’altra novità riguarda il decadimento alla 2° rata non pagata (indipendentemente che si tratti di una mancanza consecutiva o no). Mentre le fatidiche “soglie minime di accesso” e “fee di ingresso” sono state rimosse dalla manovra.
Inoltre stavolta l’Agenzia delle Entrate cercherà di completare la pratica in maniera più rapida, senza lunghe attese (si prospetta di concludere il tutto entro 10 giorni dall’invio della richiesta).
Al lavoro infine su cosa potrà ammettere la nuova Definizione Agevolata e cosa escludere. Al momento è prevista l’inclusione delle iscrizioni a ruolo fino al 31 dicembre di 2 anni fa, ovvero 2023, ma si farà di tutto pur di estenderlo fino all’anno scorso, 2024.
L’obiettivo è ridurre i tassi di abbandono, oggigiorno piuttosto alti (tra il 49% e il 70%). Ogni rinuncia equivale inevitabilmente ad un mancato introito, che ricade inevitabilmente sull’erario e sui contribuenti.
