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Home » Esteri » Ucraina » SCENARI/ Riarmo, ingresso in UE, soldati turchi in Ucraina: così Erdogan rimescola le carte

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SCENARI/ Riarmo, ingresso in UE, soldati turchi in Ucraina: così Erdogan rimescola le carte

Int. Valeria Giannotta
Pubblicato 7 Marzo 2025
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (s) insieme al presidente turco Recep Tayyip Erdogan (Ansa)

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (s) insieme al presidente turco Recep Tayyip Erdogan (Ansa)

La Turchia è disposta a inviare soldati in Ucraina. Potrebbe vendere armi ai Paesi europei, usando l’industria bellica per entrare nella UE

Soldati turchi in Ucraina per mantenere il cessate il fuoco. Recep Tayyip Erdogan cerca di riguadagnare la scena sul fronte ucraino, mettendo a disposizione i suoi uomini come alternativa a quelli di Macron e Starmer, che Putin non vuole. Ankara, d’altra parte, spiega Valeria Giannotta, direttore scientifico dell’Osservatorio Turchia del CeSPI, non fa altro che colmare i vuoti lasciati proprio dai Paesi europei, gli stessi che l’hanno invitata al vertice di Londra, dove si è discusso di difesa europea e di prospettive della crisi ucraina.


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Al summit il ministro degli Esteri, Hakan Fidan, ci è andato volentieri, anche perché, in un momento in cui proprio la UE parla di riarmo, la Turchia ha da offrire i servigi della sua industria bellica, sfruttando l’occasione per chiedere di riprendere la procedura per far entrare il Paese nell’Unione Europea.

Erdogan, come suo solito, gioca su diversi tavoli, compresi quelli con Trump e Putin, al quale potrebbe far dimenticare che la Turchia è un Paese NATO, i cui soldati il Cremlino non vuol vedere neanche da lontano a Kiev e dintorni.


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Ankara mette a disposizione i suoi soldati come possibile forza di interposizione in Ucraina. Qual è l’obiettivo di Erdogan?

La Turchia vuole mantenere lo status quo sul Mar Nero: qualsiasi dinamica negativa si rifletterebbe sulla sua situazione. Il suo ministero della Difesa ha annunciato che potrebbe inviare le sue truppe in Ucraina qualora le dinamiche della vicenda e tutti gli attori coinvolti lo richiedessero. Solo allora, infatti, manderebbe soldati con una funzione di peacekeeping o addirittura di peacebuilding. Secondo me, l’inciso “qualora la situazione lo richieda” esprime proprio l’azione di bilanciamento che la Turchia ed Erdogan hanno sempre tentato di realizzare nella regione.


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Qual è il ruolo che la Turchia ha tenuto finora nella vicenda ucraina?

In questi tre anni i contatti tra Erdogan e Putin, ma anche tra Erdogan e Zelensky, sono stati assidui. In questi giorni si è parlato anche di un ruolo della Turchia più attivo nel contesto europeo, soprattutto dopo la partecipazione del ministro degli Esteri, Hakan Fidan, al summit europeo di Londra. Si riconosce alla Turchia un ruolo crescente, non soltanto come mediatrice, ma anche come security provider. Non per niente, da poche ore è stato siglato un accordo fra l’italiana Leonardo e Baykar.

I turchi, visto lo sviluppo che ha conosciuto la loro industria bellica, in particolare producendo droni, potrebbero avvantaggiarsi della corsa agli armamenti di cui l’Europa si sta rendendo protagonista?

Potrebbe capitalizzare questo progetto. Erdogan, durante una recente conferenza con tutti gli ambasciatori accreditati in Turchia, è stato molto chiaro, dicendo che contribuire alla difesa e alla sicurezza dell’Europa è in linea con le priorità strategiche della Turchia, anche se tutto ciò deve avvenire all’interno di un processo strutturato.

Il Paese è ancora candidato a diventare membro della UE, per cui, quando si inizierà a ragionare in termini seri di un apparato di difesa e di sicurezza comune, dovrà partecipare a pieno titolo: tra i dossier turchi la piena membership all’Unione Europea è ancora una priorità strategica. Ankara è sempre stata presente a livello diplomatico nello scenario ucraino: ha intavolato i primi round negoziali fin dal 2022 e, anche quando due settimane fa Zelensky è andato da Erdogan, si è offerta di promuovere un ulteriore round negoziale che porti al cessate il fuoco.

Macron e Starmer parlano di una forza di interposizione europea in Ucraina, ma Putin non vuole truppe NATO. Anche la Turchia, però, fa parte dell’Alleanza Atlantica. Mosca, nonostante questo, potrebbe accettare il suo intervento?

Se si agisce all’interno della cornice NATO, la Turchia rientra nell’Alleanza, ma se si legge il comunicato del ministro della Difesa ci si accorge che ci sono degli incisi importanti. I soldati turchi interverrebbero se fosse richiesta la loro presenza dalle parti in causa.

Quindi Putin non vuole truppe NATO, ma per Erdogan potrebbe fare un’eccezione?

Con Erdogan ha un rapporto cordiale, anche se non sempre disteso. Turchia e Russia si sono sempre trovate in sintonia in questo meccanismo a geometria variabile già visto in Siria e in Libia, per cui, pur essendo parti contrapposte, sono sempre riuscite a trovare il giusto bilanciamento nei rapporti, a tutela dei rispettivi interessi.

La partita siriana, ad esempio, è ancora aperta e ci sono tanti dossier sul tavolo: ecco che anche qui la Turchia cercherà di bilanciare la sua posizione in base alle necessità russe. Finora ha mantenuto una sorta di “neutralità pro-Ucraina”, fornendo droni a Kiev, ma senza imporre sanzioni alla Russia, e ha tenuto aperte le rotte aeree: la Turkish Airlines è l’unica compagnia che viaggia in Russia.

Perché l’appartenenza alla NATO potrebbe non essere un problema per Putin?

Se i russi accettassero la presenza dei turchi nel teatro ucraino, lo farebbero grazie alla politica di Erdogan, che ha mantenuto aperti i rapporti con tutti, non certo in quanto appartenenti alla NATO. Io penso che se Macron, che ha sempre mantenuto una posizione anti-turca, masticasse un minimo di strategia politica, salirebbe sul carro di Ankara. Converrebbe anche all’Europa, anche se questa UE non convince.

I rapporti con Trump, invece, come sono? Il presidente USA non sarebbe contrario a un coinvolgimento della Turchia?

Tra Erdogan e Trump c’è un rapporto abbastanza franco e aperto, nonostante ancora ci siano dei nodi da sciogliere nelle relazioni tra Washington e Ankara: c’è ancora la grande patata bollente del supporto americano alle milizie curde in Siria. Una situazione che sta diventando una priorità per Ankara, soprattutto dopo che, nei giorni scorsi, Abdullah Ocalan ha annunciato lo smantellamento del PKK. Non è chiaro, però, quale sarà il futuro dell’YPG e degli altri gruppi curdi in Siria, che la Turchia considera il primo nemico. È in atto, come è tipico dell’approccio pragmatico di Ankara, un’azione di bilanciamento dei propri interessi.

L’annunciata costruzione di un muro anti-migranti al confine con la Grecia è una sorta di captatio benevolentiae nei confronti di Bruxelles perché riprenda la procedura per l’adesione alla UE?

La diplomazia turca è sempre proattiva. Il fatto che Ankara sia andata a colmare lacune lasciate dall’Europa è evidente in diversi scenari, a iniziare dalla Libia. In questi esercizi diplomatici vedo una grande incapacità dell’Europa a espletare un ruolo geopolitico.

Ma la Turchia, dal punto di vista militare, ha le capacità per affermarsi sempre di più come punto di riferimento geopolitico nell’area a cavallo fra Europa e Asia?

È il secondo esercito della NATO e, negli ultimi anni, produce difesa, fornendo equipaggiamenti e strumenti per la sicurezza. Certo, tiene il piede in più scarpe: è ancorata a organizzazioni internazionali come la NATO, ma si muove anche autonomamente per difendere i propri interessi. Oggi, però, per l’Alleanza Atlantica è un attore cruciale, perché gestisce le minacce provenienti dal fianco est e dal fianco sud. Questo anche se la NATO subirà degli scossoni: da Trump mi aspetto azioni molto più oblique rispetto agli obblighi internazionali.

(Paolo Rossetti)

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Tags: ErdoganDonald TrumpEmmanuel MacronVladimir Putin

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