Rinviare, rinviare, rinviare. Sembra Questa l’unica tattica in grado di allungare la vita del governo Conte. Rinviare a dopo le regionali del 26 gennaio la verifica di maggioranza, ma rinviare anche a giovedì prossimo l’incontro chiamato a definire uno straccio d’intesa sul uno dei capitoli più divisivi, la riforma della prescrizione targata Bonafede, che non piace al Pd, ma soprattutto a Italia Viva.
Il 2020 politico si apre in clima di massima incertezza, trascinandosi dietro una valanga di problemi irrisolti. Si parte soprattutto con zero accordo sulle cose da fare. Non c’è uno straccio di programma, solo pagine bianche, che nessuno ha il coraggio di scrivere.
I tre quarti d’ora di faccia a faccia a Palazzo Chigi che Di Maio e Zingaretti hanno avuto nei giorni scorsi sono stati solo interlocutori. Segnalano una volontà precisa dei leaders di andare avanti, ma non indicano come fare a risolvere i due grandi mali che affliggono la coalizione che sorregge l’esecutivo Conte: da una parte l’imprevedibilità di Matteo Renzi, dall’altra la sempre più evidente disgregazione del Movimento 5 Stelle.
Dopo l’espulsione del senatore Paragone altri due deputati hanno fatto armi e bagagli per traslocare (per ora) al gruppo misto. Secondo le voci di corridoio, la diaspora sarebbe destinata a continuare. Il premier, che ha escluso ogni velleità di fondare un proprio partito, si dice fiducioso, nonostante le fuoriuscite dal Movimento certo non lo rallegrino.
Non è chiaro se speri nel soccorso di una pattuglia di “nuovi responsabili”, magari guidata da Mara Carfagna, in grado di controbilanciare le fuoriuscite, di sicuro è convinto di poter trovare un’intesa programmatica destinata a durare: “L’instabilità è un danno, di cui rispondere agli italiani”, ha avvertito in un’intervista nel giorno dell’Epifania.
Giuseppe Conte mostra di credere nella possibilità di arrivare a una mediazione sulla prescrizione, affiancandole una riforma del processo penale per renderlo più veloce. Parole piuttosto vaghe, mentre si mostra più esplicito sulla questione delle concessioni autostradali, per cui parla di “negligenze gravi e imperdonabili”. Il che vuol dire l’anticamera della revoca ai concessionari Benetton.
Tanto sulla prescrizione, quanto sulla revoca delle concessioni Renzi la pensa diversamente, e minaccia di votare con l’opposizione. Tenerlo a bada non sarà né facile, né scontato. E anche sulle grandi crisi industriali, a cominciare dall’Ilva, i punti di vista all’interno della maggioranza divergono. Dal Pd si fa notare che questo governo non si regge su un contratto dove ciascuno vota le proposte dell’allenatore anche se non piacciono, come Lega e grillini hanno fatto nel Conte 1: il reddito di cittadinanza a te, quota 100 a me. Questo, si fa presente dal Nazareno, è un esecutivo di coalizione, i provvedimenti devono essere concordati.
Non sarà facile trattare con un Movimento instabile, non si potranno dare tutte le partite vinte a Di Maio solo per non accentuarne la debolezza. Ma un nuovo fronte si è aperto negli ultimi giorni in modo preoccupante, quello della politica estera, fra lampi di guerra fra Stati Uniti e Iran, e precipitare della situazione in Libia. In questa fase l’Italia è sembrata assolutamente marginale, ai limiti dell’ininfluenza. Pesa l’immobilismo del ministro degli Esteri, che è anche il leader del partito di governo con la rappresentanza parlamentare di gran lunga più consistente. Non solo: Washington ha avvisato i maggiori alleati europei dell’azione contro Soleimani, tranne l’Italia. Anche sulla Libia l’immobilismo di Luigi di Maio è apparso chiaro a tutti gli osservatori, nonostante i tardivi tentativi di Conte di rientrare in partita, telefonando alla Merkel.
Le prime settimane del nuovo anno si preannunciano complicate per la coalizione giallo rossa, che ormai sembra attendere le elezioni di fine mese in Emilia-Romagna e Calabria per decidere del proprio futuro. Le speranze di resistere sembrano affidate quasi fideisticamente a una vittoria di Stefano Bonaccini in terra emiliana. E questo, paradossalmente, rischia di fare il gioco di Salvini e dell’opposizione di centrodestra, che se dovesse riscuotere una doppia affermazione potrebbe vedere avvicinarsi l’implosione del governo, quasi senza fatica.
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