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Home » Politica » SCENARIO/ Draghi fino al ’23: tutte le incognite dell’opzione Mattarella

  • Politica

SCENARIO/ Draghi fino al ’23: tutte le incognite dell’opzione Mattarella

Anselmo Del Duca
Pubblicato 8 Luglio 2021
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il presidente del Consiglio Mario Draghi (LaPresse)

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il presidente del Consiglio Mario Draghi (LaPresse)

La visita di Mattarella in Francia rappresenta un ideale passaggio di testimone a Draghi sulla politica estera sul dossier per noi fondamentale dell'Ue

Quando è nato il governo Draghi, Sergio Mattarella si è sentito meno solo per tante ragioni, non ultima avere qualcuno che condividesse i medesimi principi nella politica estera, e che finalmente gli consentisse di smettere a dover supplire alle falle di una proiezione internazionale che definire contraddittoria è un eufemismo.


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Sin dalla nascita del Conte 1 il Quirinale si era trovato a fare argine alle pulsioni putiniane del primo Salvini e a quelle filo cinesi dei 5 Stelle. A volte aveva dovuto farsi concavo e convesso, aprendo le porte a Xi Jinping con il massimo della solennità. Il massimo della supplenza era stato toccano a inizio 2019, quando la Francia aveva ritirato il proprio ambasciatore a Roma di fronte alle improvvide visite di Di Maio (allora vicepremier) e di Battista ai leaders dei gilet jaunes. Con pazienza Mattarella aveva ricucito, forte di un rapporto personale con Emmanuel Macron, che è apparso particolarmente forte in occasione della sua visita di Stato a Parigi appena conclusa.


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Anche durante la pandemia Mattarella non ha cessato di tenere aperti canali di dialogo del massimo rilievo con l’Eliseo, come con il presidente tedesco Franz Walter Steinmeier. È anche intorno a questi rapporti privilegiati che è venuta maturando la svolta dell’Europa, con Francia e Germania che hanno compreso la necessità di quella svolta meno rigorista e più solidale che porta il nome di Recovery fund. 

Con Draghi la sintonia non poteva essere più piena: grazie anche all’autorevolezza dei suoi due massimi rappresentanti il nostro Paese è tornato a muoversi da protagonista nei due ambiti tradizionali della nostra politica estera, europeo e atlantico. E l’arrivo di Biden alla Casa Bianca ha pure aiutato. 


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Alla vigilia del semestre bianco, a pochi mesi dalla fine del suo mandato, il viaggio a Parigi ha rappresentato per Mattarella una sorta di passaggio di testimone, almeno per quanto riguarda la politica estera. Il discorso alla Sorbona e i colloqui con i vertici istituzionali francesi consegnano una serie di linee di direzione estremamente ambiziose, che toccherà a Draghi portare avanti. 

In cima a tutto c’è l’Europa, che ha saputo reagire in modo adeguato alla pandemia (con l’acquisto in comune dei vaccini) e alla crisi economica che ne è seguita (con il Next Generation Eu). Per Mattarella è il momento di osare di più, di rinnovare le istituzioni nel senso di maggiore sovranità europea, non meno, con buona pace dei sovranisti, nostrani e non. La strada, superare il principio dell’unanimità, che consente anche a un solo Paese di bloccare decisioni largamente condivise. Forse pensava a Orbán quando alla Sorbona scandiva che “Le solenni decisioni assunte da ciascun popolo al momento dell’adesione al progetto non possono essere contraddette se non a prezzo della drastica decisione dell’abbandono”. Parole forse più gradite ai sovranisti alla Salvini quelle riservate al comportamento pilatesco dell’Unione in tema di migrazioni: per Mattarella costituisce un vulnus che continui a mancare una polemica comune, assolutamente indispensabile. 

L’Europa di Mattarella coincide con quella di Draghi, più integrazione, più solidarietà, meno rigore cieco, con un bilancio e una politica fiscale comuni. Resta da capire se l’attuale premier possa portare avanti queste idee con maggiore efficacia restando a Palazzo Chigi o traslocando a inizio febbraio 2022 al Quirinale. 

E la risposta viene più dal quadro internazionale che da quello nazionale. Draghi può incidere di più continuando a garantire l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza dalla sua postazione di governo nell’interesse non solo dell’Italia, ma dell’intera Europa. Nel momento in cui in autunno la Merkel uscirà di scena, e Macron si avvicinerà alla battaglia per la rielezione, il premier italiano rischia di ritrovarsi a essere il principale punto di riferimento continentale. Restando a palazzo Chigi potrebbe garantire una difficile transizione sino a metà 2023, ponendo le basi per la più autorevole delle candidature a succedere a Ursula von der Leyen l’anno successivo. Ma se la logica e le pressioni internazionali vanno in questa direzione, resta da capire chi possa succedere a Mattarella al Quirinale.

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Tags: Sergio MattarellaMario DraghiEmmanuel Macron

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