Con la segreteria Schlein il Pd non partecipa alle feste degli altri partiti e non invita gli avversari alla sua: un segno di debolezza
È abbastanza singolare il fatto che alla festa nazionale del Pd, che quest’anno si è appena conclusa a Reggio Emilia, non sia stato invitato un solo esponente della maggioranza. Fa specie proprio perché spesso le feste dell’Unità sono state un’occasione di dibattito aperto e franco tra le varie forze politiche. Il senso stesso di quelle feste era proprio quello di mettere insieme idee e prospettive politiche anche antitetiche per poter poi lasciare ad altri il giudizio.
Il nuovo corso della segreteria Schlein si vede anche da questi piccoli particolari, in questa idiosincrasia per il confronto con l’avversario, fatte salve le sedi istituzionali. Prova ne è il rifiuto a partecipare all’ultima festa di FdI ad Atreju, nel dicembre scorso. Allo stesso modo va interpretata la sua assenza e di tutto il gruppo dirigente del Pd al Meeting di Rimini, dove invece è stato mezzo esecutivo, compresa la premier. Gli unici esponenti del Pd presenti erano quelli della cosiddetta ala riformista, come Pina Picierno, grande antagonista interna di Schlein.
La stessa cosa si è verificata, a fine agosto, a Ceglie Messapica, alla grande kermesse organizzata da Affaritaliani, dove oltre alla presenza di ben sei ministri, sottosegretari come Marcello Gemmato, diversi esponenti della maggioranza (tra cui il capo organizzazione di FdI Giovanni Donzelli e il vicepresidente esecutivo della Ue Raffaele Fitto), figuravano anche Carlo Calenda e Matteo Renzi. Come esponenti del Pd erano previsti in agenda i due grandi antagonisti della querelle pugliese, Antonio Decaro e Michele Emiliano, che poi hanno preferito disertare all’ultimo minuto (chissà se la cosa non sia stata magari suggerita dalla stessa Schlein).
La segretaria si è sempre fatta vanto del fatto di aver vinto le primarie con questo suo aplomb un po’ aristocratico ma sempre con l’aria della brava ragazza, che sta arrivando da una scampagnata con i boyscout. Una vittoria che forse ha sorpreso pure lei, dal momento che il suo primo commento è stato “non ci hanno visto arrivare”.
Sì, perché Elly Schlein è sempre stata abbastanza restia a comparire in comizi e dibattiti televisivi (preferisce sempre le interviste one to one) dove sono presenti esponenti della maggioranza.
Ora il posto che occupava per storia e tradizione la festa dell’Unità sembra essere stato preso dalla festa di Fratelli d’Italia, nata quasi per gioco come la festa dei giovani proprio quando Giorgia Meloni muoveva i primi passi all’interno di An. Alla festa di FdI si sono visti, negli anni, Berlusconi, Bertinotti, Rosy Bindi, Veltroni, Violante, Nicola Zingaretti, Giuseppe Conte, Di Maio, Renzi, Minniti, Enrico Letta, D’Alema, Luigi Berlinguer. Tutti trattati con rispetto e in certi casi anche salutati da applausi a scena aperta come nel caso di Enrico Letta nel 2021 e nel 2024, quando fu intervistato da Bruno Vespa insieme a Raffaele Fitto, fresco di nomina a commissario della Ue.
La Schlein invece pare decisa ad arroccarsi nel suo fortino, che non comprende evidentemente la possibilità di scambio di idee con gli avversari politici (per la verità quest’anno non sono stati invitati nemmeno Calenda e Renzi). E un motivo c’è. La segretaria non ha più quelle certezze che avevano contraddistinto i mesi successivi alla sua sorprendente vittoria alle primarie. I sondaggi da tempo non sono più favorevoli come qualche mese fa, a dire come la spinta propulsiva sia più fiacca.
Tra i motivi c’è il fatto che sulle candidature alle regionali Schlein deve sottostare da settimane a ricatti, polemiche e veleni sparsi a piene mani da parte dei cacicchi e capibastone locali, che erano stato il bersaglio di uno dei suoi primi discorsi da segretaria del Pd, e poi deve far fronte ad un’ala riformista sempre più critica e numerosa sulla linea politica che sta prendendo il partito.
Chi conosce bene Elly Schlein racconta che è donna testarda, tenace e leale, ma è anche persona con un forte bisogno di stabilità, e quando non la trova, come in questo delicato momento per lei e il suo partito, la sua risposta è quella di chiudersi a riccio. Non da ultimo, gli applausi tributati a Giuseppe Conte in casa sua – la festa del Pd – e i fischi ricevuti alla festa del Fatto Quotidiano sono stati una mazzata inquietante, capace di allungare un’ombra sulle prossime regionali.
No, la prossima tornata elettorale non sarà in discesa, neppure dove il Pd è favorito. C’è un alleato che veste i panni dell’amico, ma anche del nemico di coalizione, e da lui bisognerà guardarsi.
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