Lo scacchiere internazionale sta cambiando molto e l'Europa non sembra in grado di adeguarsi a questi importanti mutamenti

Una nuova era si apre dinanzi a noi. Trump ne è stato e ne è l’annuncio grottesco e veritiero, così come Obama e Biden e prima di loro Clinton e Blair ne furono i cantori illusionistici che scatenarono le forze di un multilateralismo dei diritti umani finito come non poteva non finire: prima con l’attacco alle Torri gemelle nel 2001, che dichiarava aperta la Terza guerra mondiale, e poi con l’attacco all’Iraq del 2003.



Il problema è e fu che nessun esponente dell’élite del potere aveva compreso che il crollo dello Scià di Persia e la costruzione del potere ierocratico post-persiano non poteva che trasformare gli Stati del Grande Medio Oriente in Stati di milizie, ossia involucri di terrorismi della mezzaluna sciita all’attacco del petrolio del Golfo e di Israele, mentre l’Ue predicava l’austerità temperata da Draghi e gonfia del disarmo reale che si accompagnava alla costruzione parolaia di una nuova cintura di contenimento della Russia, ribellatasi in quegli stessi anni all’estrazione criminal-finanziaria delle sue immense risorse naturali.



Il seguito lo sappiamo: la Russia muove all’attacco della provincia ucraina, che rivive il suo risorgimento nazionale contro l’impero ex zarista-stalinista, e la Cina imbastisce alleanze su alleanze attorno al Patto di Shangai e ai dintorni dei nuovi non allineati che si fanno oggi chiamare BRICS.

Dove la Cina pascola così bene, che il capo indiscusso si adombra se due non allineati si parlano senza consultarla, come è successo con Brasile e India che non chiedono a Xi Jinping il permesso di incontrarsi e sono puniti con la mancata visita del Capo dell’Impero di Mezzo prossimamente in Brasile.



Il cosiddetto Sud del mondo si allontana sempre più tanto dalla Cina quanto dagli USA, ma questo non fa meditare che forse è il momento di ritornare alla diplomazia proprio dinanzi al tifone trumpiano; che prima o poi non potrà che sgonfiarsi tra le rovine.

Ma che fanno invece le due nazioni guida dell’Europa? Entrambe, con il coro Macron-Merz, invocano il ritorno al servizio militare di leva ed entrambe ingaggiano con le nuove nazioni baltico-polacche neo-dominanti una gara su chi potrà spendere di più e più in fretta per riarmare i nuovi eserciti nazionali, che dovranno divenire europei. Di più: dovranno divenire costola della nuova NATO di cui il socialista Rutte oggi è il gestore e il profeta.

Prima chiedendone il prolungamento indo-pacifico e ora la sostituzione rapida (tanto rapida da far cambiare ai tedeschi l’arcigna Costituzione in un attimo, tanto sono usi alle guerre-lampo) dell’impegno USA con un impegno che per ora è degli Stati nazionali al centro dell’Europa e che dovrà poi divenire dell’UE tutta intera.

Non si comprende come questo possa avvenire senza cambiare non i Trattati, ma la stessa filosofia economica della stessa UE, che da liberal-liberista dovrebbe divenire liberal neo-keynesiana senza più limiti ai debiti pubblici, con la creazione finalmente di una vera Banca centrale europea ben diversa dall’aborto informe della BCE. Una UE dei miracoli.

Manca però la penna di Eduardo, di Scarfoglio, di Marotta, ossia di tutta la storia culturale di una Napoli milionaria che sempre ha diffuso un velo di morte con quella sua filosofia del vicolo miserabile e… però, con un quarto di nobiltà, di decenza, di stile.

Quello che dinanzi alla tragedia della guerra che avanza, oggi manca, oggi non c’è più.

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