Dal vertice europeo emerge che la procedura d’infrazione è stata una minaccia usata soprattutto per tenere l’Italia ai margini delle trattative sui nuovi assetti dell’Unione europea. Da un lato il solo avvio della procedura richiederebbe mesi e dall’altro rischierebbe di creare un precedente che ne obbligherebbe la ripetizione dopo averlo applicato a uno dei principali paesi “fondatori”. Quel che conta, soprattutto per Francia e Germania, è spartirsi anche le posizioni italiane uscenti – presidenza della Bce, del Parlamento e vicepresidenza della Commissione con l’Alto Commissariato Pesc – senza che Roma reagisca o abbia voce in capitolo.
Del resto il nostro Premier non ha obiettivamente molta forza di contrattazione. Dopo il passo falso di minacciare diritto di veto sulle nomine senza evidentemente sapere che vengono fatte a maggioranza (Juncker nel 2014 fu eletto con l’opposizione della Gran Bretagna), Conte al tavolo delle trattative non ha nessun voto da apportare alla coalizione che ora assume le redini dell’Unione europea. Dopo aver passato un anno a preannunciare che con le elezioni del 26 maggio “tutto cambierà a Bruxelles”, Salvini e Di Maio si trovano sui banchi dell’opposizione con Farage e la Le Pen e il Governo italiano non dispone di nemmeno un voto a favore degli assetti che dovranno essere ratificati dalla nuova maggioranza nel Parlamento europeo.
A indebolire la posizione italiana c’è poi il fatto che comunque le elezioni hanno segnato uno scenario del tutto nuovo archiviando l’egemonia tedesca e comunque il bipolarismo Ppe-Pse con una nuova maggioranza che vede i Liberali e anche i Verdi segnare un rinnovamento sia sulla destra che sulla sinistra. Sembra aprirsi finalmente una nuova fase politica nel segno di fuoruscita dall’immobilismo delle Commissioni Barroso e Juncker. L’Italia si chiama fuori dallo scenario di rinnovamento dell’Unione con Salvini e Di Maio convinti che senza di loro l’Europa non andrà avanti. Anzi l’unica “mossa” italiana in questi giorni è stata la presa di posizione di Salvini e Conte contro il socialista Timmermans e a favore dello schieramento più “rigorista” che è proprio quello che maggiormente ha insistito nella procedura contro l’Italia e nel non condividere quote di migranti.
Pertanto – purtroppo – il bilancio di questa politica europea-antieuropeista del governo giallo-verde è in questi giorni la retrocessione dell’Italia in seno all’Unione a Paese con un ruolo del tutto secondario. In un anno l’Italia da “punto esclamativo” è diventato un “punto interrogativo” per gli osservatori internazionali e cioè un Paese bloccato se non spaventato: non investono gli stranieri, ma nemmeno gli italiani che tengono i risparmi in banca e le aziende che hanno i progetti fermi mentre le crisi aziendali si accumulano sul tavolo di un ministro come Di Maio che minaccia provvedimenti ad hoc per far crollare le azioni di società quotate in Borsa con una pluralità di soci e di piccoli risparmiatori.
L’unica “boccata di ossigeno” e spinta a tenere ancora in piedi il traballante equilibrio di governo è la riedizione dell’antiberlusconismo come antisalvinismo. L’emergenza migranti era considerata ormai secondaria in tutti i sondaggi e Salvini cominciava ad apparire in difficoltà nel mantenere in piedi il Governo. Ma ecco il caso Sea Watch. A sinistra è sembrata una grande occasione, ma in realtà la vicenda si conclude vedendo aumentare il consenso a Salvini e con una maggiore stabilizzazione dell’alleanza con Di Maio.
Ancora una volta si cerca cioè la demonizzazione e non la messa a fuoco critica (e autocritica) delle ragioni della crescita della Lega. Alla base del successo leghista è la politica sbagliata che è stata fatta per quattro anni con Alfano e il mancato sostegno alle correzioni introdotte da Minniti. L’Italia non è un Paese razzista e la sicurezza non è un problema di destra (da Nardella a Firenze a Gori a Bergamo la sinistra ha vinto perché se ne è fatta carico). Si pensa davvero da sinistra di risalire la china chiamando gli italiani a un referendum tra la capitana tedesca della Sea Watch e il “truce” capitano lombardo che chiude i porti?
A favore di Salvini c’è anche il modo in cui si è comportata la Commissaria europea all’immigrazione. Bruxelles ha reagito come se fosse una emergenza improvvisa, una prima volta. Cioè ha dimostrato la totale impreparazione e assenza di una politica europea su un fenomeno che cresce e si aggrava da decenni. In particolare, sul caos libico dovrebbero essere chiamati a intervenire per primi quanti hanno voluto la guerra contro Gheddafi (che non ha certo sostituito quella dittatura con una democrazia liberale): gli stessi Stati Uniti e in particolare la Francia che per ragioni petrolifere ora sta persino appoggiando i militari che vogliono rovesciare il governo riconosciuto dall’Onu e dall’Ue aggravando ulteriormente l’emergenza migranti.
La demonizzazione significa affidarsi agli esorcismi (ora l’antifascismo ora la questione morale) e rinunciare a ragionare. Perché non riflettere sulle ragioni che portarono pochi anni or sono oltre il 40% degli italiani a sperare nel Pd? Per Matteo Renzi era un innamoramento, per i suoi avversari uno sbandamento. Forse è stato qualcosa di altro e di più serio.
Oggi sulla scena nazionale e anche internazionale abbiamo la vittoria italiana per le Olimpiadi a Milano e Cortina. È un esempio dell’Italia del “fare” (o del Pil come oggi si usa dire). Politicamente ha un volto trasversale tra forze di governo e di opposizione. Ma insieme c’è una galassia di corpi intermedi (e anche cosiddetti “contropoteri”) che hanno saputo dar vita a una operante solidarietà. È l’immagine di un’Italia appunto del “fare” alternativa a quella del blocco e dell’assistenzialismo e che ha ancora una affidabilità sulla scena internazionale per poter investire in progetti da realizzare.