SCENARIO UE/ “Macron sta costruendo l’egemonia della Francia, ecco cosa rischiamo”

- int. Agustín José Menéndez

Macron vuole approfittare della crisi tedesca per mettersi alla testa di una nuova UE competitiva e armata. Vecchio programma. Oggi più rischioso di ieri

guerra ucraina leopoli 1 ansa1280 640x300 Attacco di droni russi su Leopoli, Ucraina (Ansa)

Il recentissimo discorso di Macron alla Sorbona è uscito in fretta dalle pagine della stampa, invece avrebbe meritato più attenzione. Il presidente francese infatti ha fatto suo il programma enunciato da Draghi a La Hulpe e gli ha offerto una rappresentanza politica. Ma più l’establishment europeo, Macron compreso, tenta di aggiustare il sistema ordoliberale dell’Unione Europea per farla essere “competitiva” nelle varie emergenze, più si attorcigliano le sue contraddizioni, ci spiega Agustín Menendez, giurista, docente di diritto pubblico comparato e filosofia politica nell’Università Complutense di Madrid.

Macron ha detto che “l’Europa può morire, è mortale”. Occorre “rispondere con la potenza, la prosperità e l’umanesimo”. Come stanno, in termini di salute, queste tre grandi risorse europee? Possono rispondere alla crisi che l’UE attraversa?

Rischiando di essere banali, bisogna dire che Macron non distingue fra Unione Europea ed Europa. Procedere in questo modo può essere giustificato in certi casi, ma non è accettabile quando si vuol fare bella figura e si fa finta di parlare della storia degli ultimi 25 secoli. A maggior ragione se Macron si atteggia a principe umanista che pranza e cena con i filosofi, Sloterdijk incluso.

Allora facciamo come se avesse parlato dell’Unione Europea.

Macron sta semplicemente ricordando la dimensione esistenziale della crisi europea, e quindi scoprendo l’acqua calda. Manca però un’analisi molto più esplicita di quello che è andato storto negli ultimi quarant’anni di integrazione europea, e specialmente negli ultimi dieci. Nei quali bisogna ricordare che lui ha avuto importanti responsabilità. Macron alla Sorbona ha detto tante cose, ma non è arrivato al nocciolo della questione.

Qual è il punto, a suo avviso?

L’UE non è capace di agire in maniera efficace perché la sua “costituzione economica” – che non è una vera costituzione politica, ma della quale fa parte anche una struttura istituzionale e un sistema decisionale – rende impossibile agire a livello europeo e blocca le azioni degli Stati membri.

In che modo?

Favorendo un ciclo di austerità continuo che crea una minoranza di ultra-ricchi a svantaggio della prosperità degli altri. Si veda il caso greco: gli “splendidi” dati macroeconomici di un Paese diventato il più povero dei 27, con l’unica eccezione della Bulgaria, ancora più disastrata.

A metà marzo Macron è stato il primo a parlare di truppe sul suolo ucraino, spiazzando tutti. Qual è il ruolo della Francia nell’attuale “concerto” politico europeo?  

A Cesare quel che è di Cesare: si deve riconoscere a Macron di essere stato brutalmente esplicito. Lasciando aperta la porta alla trasformazione della guerra per procura in Ucraina in guerra frontale, anche se questo aumenterebbe il rischio di guerra nucleare, Macron ha presentato la candidatura della Francia a Paese egemone di una nuova fase dell’integrazione europea, resa possibile della crisi tedesca.

Capisco male o stiamo parlando dell’industria bellica?

Certo. Quella mossa si spiega bene, adesso, come il primo passo verso la centralità delle ditte francesi nello sviluppo di un’industria degli armamenti sovranazionale. Questo permetterebbe ciò che sembra altrimenti impossibile, vale a dire la re-industrializzazione della Francia. Finanziata con i soldi di tutti gli europei.

Una operazione che garantirebbe alla Francia l’agognato primato nell’Unione.

Avrebbe il ruolo dell’antica Atene nella Lega di Delo (478-477 a.C., nda) grazie alla sua force de frappe. Ma siamo daccapo: ne approfitterebbero economicamente soltanto una minoranza di francesi.

Il presidente francese afferma che occorre “integrare negli obiettivi della BCE almeno un obiettivo di crescita, o anche un obiettivo di decarbonizzazione, in ogni caso un obiettivo climatico per le nostre economie. È assolutamente essenziale”. A differenza di Draghi, Macron dice che serve una riforma della BCE. Che cosa ci aspetta?

Mi permetta prima di ricordare che le funzioni della BCE non sono più – e forse non sono state mai – soltanto quelle enunciate nei Trattati. Se gli ordoliberali tedeschi sognavano una BCE fatta a immagine e somiglianza della Bundesbank, le crisi ci hanno dato una BCE stile Banque de France e Bankitalia. Basta pensare a tutte le cosiddette misure “non convenzionali” prese in questi anni. In più, dopo la Strategy Review del 2021, la BCE considera parte del suo mandato il contrasto al cambiamento climatico. Se le cose stanno così, la prima cosa da notare è che in realtà Macron chiede, in buona misura, di aggiustare le norme formali al cambiamento materiale in atto. Però queste parole possono sembrare “rivoluzionarie”.

In effetti è così. Perché? 

Semplicemente perché il feticismo ordoliberale – si pensi a Lindner (ministro delle Finanze tedesco, nda) – pretende che la costituzione economica di Maastricht sia ancora in piedi. Ma queste sono pure fantasie. Di conseguenza nelle parole di Macron non c’è proprio nulla di rivoluzionario. Anzi. Macron dice di incrementare le funzioni della BCE, ma dimentica che nel momento in cui gli obiettivi della politica monetaria saranno due, tre o quattro, essi entreranno in conflitto.

Quindi?

È necessario stabilire delle priorità. Serve un giudizio politico, anche e soprattutto nella definizione degli obiettivi. Per capirci: per contrastare il cambiamento climatico occorre favorire le auto elettriche? O è una strada che ci porta al disastro? Bisogna puntare sulla decrescita, come proponeva già nel 1972 Sicco Mansholt, allora vicepresidente della Commissione europea? E dopo, se la stabilità monetaria e la crescita entrano in conflitto, cosa si fa? Una pluralità di obiettivi in politica monetaria – nella quale siamo già di fatto – richiede un governo economico europeo. Ma se è così, e non c’è motivo di dubitarne, allora il mito ordoliberale dell’indipendenza della banca centrale viene rottamato. Ma dov’è il governo economico europeo? Come possiamo metterci d’accordo su cosa fare?

C’è un’altra questione. Il finanziamento delle costosissime politiche di Draghi-Macron-Letta può essere realizzato soltanto attingendo ai risparmi privati. A quali condizioni lo si può fare? Quella di un’ulteriore riduzione della rappresentanza politica? O al prezzo di una manipolazione del consenso? O cos’altro?

L’argomento di Macron ha forse tre dimensioni. La prima, assolutamente condivisibile, è che la prosperità futura dipende dal livello di investimenti presenti. La seconda – e questa è la vera linea Draghi adesso “teorizzata” da Macron – è che l’UE deve giocare un ruolo decisivo in quanto “derisking state”, spendendo almeno 1 miliardo all’anno in questo modo. Ovvero, ci vogliono ingenti sussidi pubblici per i “campioni europei”, per definizione un numero ristretto di società. La terza è che l’UE deve creare le condizioni perché i risparmi europei siano investiti in Europa, non negli Stati Uniti.

E lei cosa risponde?

Bisogna farsi tre domande. La prima: se gli investimenti sono pubblici, perché i profitti devono essere privati? La seconda: se bisogna fare questi investimenti, perché puntare tutto sul fare ancora più debito e non prendere la decisione, democratica e trasparente, di decidere con che tasse, magari progressive, si pagheranno questi debiti? La terza: che modello socioeconomico si propone?  Certamente quello proposto implica sospendere il diritto della concorrenza. Ma l’obiettivo sembra una sorta di dirigismo, questa volta divorziato dallo stato sociale.

Quali sono le sue osservazioni? 

Se si arriva alla conclusione che bisogna farla finita con la naïveté dell’ordine globale dove tutti rispettano le regole (cfr. Draghi, nda), cosa dovrebbe rimanere per esempio della libera circolazione di capitali? Il discorso è assolutamente ambivalente.

Sono contraddizioni gravissime. E non dimentichiamoci del contesto in cui tutto questo sta avvenendo. I leader europei vogliono sostenere l’Ucraina, ma sembrano dimenticare – o nascondere – che in questa situazione una svolta nella “sicurezza”, cioè più armi, implica il fatto che qualcuno sarà mandato a utilizzarle sul campo. Quando nelle società europee avverrà questa “scoperta”, cosa succederà? 

Siamo in una situazione allo stesso tempo paradossale e prevedibile. Paradossale perché i dirigenti europei occidentali continuano a favorire la causa dell’Ucraina contro l’opinione pubblica e contro gli interessi nazionali ed europei. Anzi, continuano a farlo quando è diventato chiaro che l’Ucraina non può vincere la guerra. Macron, si noti, parla in questo ultimo discorso di evitare che la Russia vinca, non di far vincere l’Ucraina. E prevedibile, perché questa è la seconda occasione nella quale le élites europee si sono suicidate. La prima fu nel 2010-2015 con la crisi fiscale dell’Eurozona. Non è un buon segnale e non ci porterà del bene.

Scusi se insisto. Le truppe “sul suolo ucraino” promesse da Macron, oltre che una sfida a tutti i leader europei, potrebbero non essere più soltanto una minaccia, ma un’operazione della quale non si può tornare indietro. A quel punto i governi esploderanno? 

Un vero statista pesa le sue parole sempre due volte. Se deve parlare delle armi atomiche, lo fa almeno quattro volte. Lo ha fatto Macron? Vista la sua antipatia per i diplomatici, forse no.

La Germania sa bene che la guerra ha precipitato la sua economia in una situazione di crisi senza precedenti. È in atto un forte trasferimento di aziende dalla Germania negli USA. Perché la dirigenza tedesca subisce passivamente questo processo? Quale lezione dobbiamo trarne?

Due lezioni. La prima è che quelle tedesche sono le élites che rivelano una più netta pulsione nichilista, come ha reso chiaro l’affaire Nord Stream. La seconda è che gli interessi europei non sono gli stessi degli USA. Macron fa finta in diversi passaggi del discorso di prenderne atto, ma la distanza tra De Gaulle e lui è abissale. Ma ciò che ci vuole non è un anti-americanismo retorico e pittoresco.

Che cosa è più in gioco in Ucraina? La sopravvivenza della Russia? O quella del regime neoliberale europeo? O forse ciò che resta del “New World Order” americano?  

In questo capitolo della guerra mondiale a pezzi che è la guerra in Ucraina, forse la Russia e forse gli USA hanno obiettivi strategici. Magari i russi vogliono evitare di diventare una potenza di seconda fila, come può accadere se continua l’espansione della NATO. Ma bisogna chiedersi se la guerra non stia accelerando il declino russo, a cominciare da quello demografico. Per gli USA è in gioco il ruolo di superpotenza, minacciata del declino economico e culturale. Basti pensare all’incredibile incapacità materiale di produrre munizioni causata dalla de-industrializzazione. L’Unione Europea, invece, non ha obiettivi strategici, semplicemente subisce quelli americani.

Viene un forte dubbio: che l’Europa debba fare la guerra per garantire la sopravvivenza del suo sistema economico-politico. 

Un tale Eisenhower parlò tanti anni fa del complesso militare-industriale americano come una minaccia per la democrazia USA. Quello che stiamo vedendo davanti ai nostri occhi è la nascita del complesso militare-industriale sovranazionale europeo. Una cosa è chiara: non saranno Macron e Draghi a rivelarci i rischi connessi a un simile sviluppo.

(Federico Ferraù)

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