La Francia, in crisi profonda e da due anni alla mercé degli esperimenti politici macroniani, è l’erede di una duplice sconfitta. Che potrebbe cambiare l'UE
La douce France della nostra giovinezza ci appare oggi una vecchia signora sfigurata dalle sue intime divisioni e dalla sua incapacità di affrontare le due grandi sfide che si sono a essa presentate dopo la seconda guerra mondiale.
La prima fu il disgregarsi di un impero che andava dalle acque dell’Indocina, e dalle risaie che di lì lambivano una Cina mai domata nelle sue velleità imperiali, grazie al periplo africano fino al Sahara e – lambendo il Marocco – all’Algeria. Trovando nella Battaglia di Algeri il primo epitaffio di una lunga catena di sconfitte.
Il gollismo – oggi dobbiamo convenirne tutti – non fu che un’illusione.
La decolonizzazione, dopo un colpo di Stato che solo il Generale poté sventare, si srotolò in una serie di fallimenti che ebbero nella fine del franco africano il loro esito… europeo. Ossia furono il prezzo pagato per tenere in piedi ancora per qualche anno l’illusoria diarchia tedesco-francese nell’Unione Europea.
Ed ecco la seconda sfida: comandare nell’UE. Anch’essa un fallimento clamoroso, con esiti talvolta grotteschi come l’ultima geniale comparsata di Macron a sostegno della stella cadente von der Leyen, l’amazzone tedesca ormai priva di quel prestigio che servirebbe assai nel corso di una guerra con la Russia (che è già iniziata e che nessuno sa quando finirà).
Macron porta su di sé – lo porta ora e lo porterà per sempre – il marchio dell’incapacità e del fallimento tragico di quella massoneria che un tempo era la più potente al mondo dopo quella anglosferica.
Tutto il suo destino di uomo e di interprete della suddetta decadenza è stato per mesi decisivi nelle mani dell’ultimo grande cattolico democratico-cristiano francese, François Bayrou.
Un paradosso che fa risorgere i grandi cattolici di Francia della mia giovinezza (eccola che ritorna, ché altro non fu che francofona).
Quel Bayrou sindaco della più bella città della Francia che Lamartine definiva il panorama “di terra” più bello della Nazione, tutta sospesa tra Atlantico e Pirenei, tra venti di mare e venti di terra, in una visione meravigliosa del paesaggio tra Spagna e Francia.
Ora quella visione rimane, ma nessuno può più affacciarvisi. Il centro cattolico è in pezzi ma pronto a risorgere, mentre nulla rimane del post-gaullismo, dilaniato dalla discordia, mentre i macronisti acquistano maschere di carnevale.
La scure dei mercati si prepara a fare a pezzi la Francia e la mannaia è di marca UE. Un destino tragico, mentre la Germania post-merkeliana sonnecchia e, inconsapevolmente, si lecca i baffi.
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