Da domani chi vorrà interagire con i fenomeni più affascinanti del cosmo potrà vedere ampiamente appagata ogni curiosità recandosi al Palazzo delle Esposizioni di Roma dove, fino al 14 febbraio 2010, sarà allestita la mostra Astri e Particelle. Le parole dell’universo: la prima mostra interattiva sull’Universo, con effetti multimediali e immersivi, realizzata in Italia negli ultimi decenni. La promuovono l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi). Il direttore scientifico dell’iniziativa, il fisico Roberto Battiston dell’Università di Perugia, ha anticipato a ilsussidiario.net gli incontri ravvicinati più singolari che potranno vivere i visitatori e ha risposto ad alcuni nostri interrogativi.
Ci ha detto che l’universo che si potrà osservare è quello invisibile agli occhi, ma è essenziale, «come direbbe l’autore del Piccolo Principe»: è il cosmo ascoltato e guardato attraverso strumenti che superano i limiti della nostra vista e del nostro udito. Si inizierà con una vera e propria Doccia Cosmica: quella dei milioni di particelle provenienti dallo spazio che attraversano il nostro corpo ma che sono invisibili senza uno strumento (il “trucco” della doccia) uguale a quelli che i fisici dell’Infn usano regolarmente al Cern di Ginevra o ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso per i loro esperimenti.
Al centro della prima grande sala è stata realizzata una grande sfera mutante, che all’esterno cambia volto trasformandosi in un pianeta, una stella, la Luna, concentrazioni di materia immerse in enormi spazi freddi e vuoti. Sulle pareti interne sarà possibile ascoltare brevi interviste con i Vip della scienza, ma anche con giovani scienziati. Grazie a un’installazione multimediale in 3D, si può poi camminare sul fondo marino a oltre 3.000 metri di profondità, in mezzo alle torri dell’esperimento chilometro cubo, che catturerà la flebile luce prodotta dai neutrini che arrivano dal centro della galassia, attraversano la Terra da parte e parte e si riveleranno nel mare di Sicilia.
Probabilmente molti saranno disorientati di fronte all’installazione di uno specchio magico posto sulla Luna e nel quale specchiarsi stando sulla Terra: il fatto è che il nostro volto sullo specchio si formerà con alcuni secondi di ritardo, il tempo cioè per la luce di arrivare con la nostra immagine sulla Luna e tornare indietro riflessa.
Non meno sconvolgente sarà l’impatto col grande mistero della gravità, che si potràtoccare con mano. Letteralmente. Su una parete, una sorta di rete da pescatore raffigurerà lo spazio-tempo: se vi avvicinerete molto, lo incurverete e le pareti attorno al punto di contatto si curveranno verso l’interno, emettendo onde come un sasso nello stagno. Se vi allontanerete, lo spazio tempo tornerà normale. «È così che Einstein ha immaginato di spiegare il mistero della gravità».
E chi non sarà ancora soddisfatto potrà vedere da vicino le violente esplosioni, i vortici dei buchi neri, il centro delle galassie lontane, ricostruite con filmati e animazioni digitali e 3D e proiettate in alta risoluzione nella scenografia della mostra.
Nel preparare questi allestimenti, avete avuto più la preoccupazione di attrarre il visitatore o di soddisfare le sue esigenze conoscitive? In altri termini: come si concilia la spettacolarizzazione con una reale possibilità di conoscenza?
In realtà abbiamo cercato di fare entrambe le cose, convinti che una corretta divulgazione possa prevedere anche degli effetti speciali. I fenomeni naturali hanno una loro straordinaria bellezza ed il fascino di una cosa bella non è incompatibile con il fatto che sia anche vera. Quello che abbiamo cercato di evitare è l’inserimento di messaggi che non siano scientifici nel contesto di un discorso rigoroso e scientifico. Questo è il rischio maggiore nella spettacolarizzazione: quello di perdere il contatto con la realtà che si vuole rappresentare. Sono convinto che alcune delle realizzazioni, ad esempio quelle in cui si vedono i raggi cosmici che passano attraverso il nostro corpo o che lasciano sbuffi di condensazione nella camera a nebbia, insegneranno qualcosa non solo al grande pubblico ma anche agli addetti ai lavori. Non è frequente potere vedere con i propri occhi e cose invisibili che ci circondano e questa mostra ne è l’occasione.
Il sottotitolo della mostra è Le parole dell’universo. In molti casi però l’universo usa un vocabolario che ancora non conosciamo e in qualche caso sembra addirittura muto. Come avete reso questa situazione, senza perdere il fascino dell’avventura conoscitiva?
La mostra illustra come non sia l’universo che è muto ma piuttosto noi che siamo sordi. Si vede come siamo in realtà immersi in trame lievi ma continue, tenui ma onnipresenti. E come il mestiere degli scienziati sia quello di ascoltare e osservare questi segnali e tradurli in parole adatte alla nostra comprensione
Nel finale date al visitatore la possibilità di costruirsi il suo universo fai-da-te; per poi scoprire che “fare il Creatore non è un mestiere facile”. Perché è difficile, anche dal punto di vista fisico, “fare il Creatore”?
Perché se si mette troppa materia l’universo dopo il big bang ricollassa su se stesso. Viceversa se ce n’è troppo poca il cosmo si espande così rapidamente che diventa buio e freddo. Il nostro universo invece si espande in modo tale da permettere la formazione di stelle, galassie, pianeti. Dal punto di vista del calcolo delle probabilità è un universo molto improbabile. Però è quello in cui viviamo e ci calza a pennello.