E’ resistente alla maggior parte degli antibiotici; è arrivato in Italia dall’India ed è stato soprannominato “New Delhi”. C’è però chi dice non sia un batterio vero e proprio. Che cosa è e che rischi comporta?
I casi di contagio in Italia al momento sono due. Proviene dall’India e si è già diffuso in vari paesi europei (il Regno Unito, la Francia, la Svezia, l’Olanda) e dall’altra parte dell’oceano in Canada e negli Stati Uniti. Il problema è che nessun farmaco è in grado di combatterlo. E’ un microorganismo denominato NDM-1. Il potenziale del gene NDM-1 di diventare endemica, cioè causare una epidemia a livello mondiale, è spaventoso, dicono i ricercatori in uno studio pubblicato sul The Lancet Infectious Diseases.
Che cosa fa questo microorganismo? Può provocare polmoniti, setticemie e infezioni. Come si prende? Le persone contagiate sono persone che sono state in Asia, soprattutto ovviamente in India, ad esempio i due italiani, anche se esiste un micro focolaio nei Balcani. Altri contagiati, in Inghilterra, si sono recati in India per degli interventi di chirurgia estetica, visto che questo tipo di interventi in madrepatria sono molto costosi e sono tornati con l’infezione.
Da parte sua l’India respinge sdegnata ogni responsabilità. Il ministero della Salute indiano in un comunicato stampa ha definito “sleale collegarlo all’India”. I responsabili del ministero della salute indiano affermano che il gene associato alla resistenza agli antibiotici è presente nell’ambiente, può trovarsi nell’intestino dell’uomo o degli animali.
"Siamo fermamente smentire la denominazione di questo enzima come beta lattamasi New Delhi metallo", ha detto il ministero. "Siamo anche a smentire che gli ospedali in India non sono sicuri per il trattamento, compreso il turismo medico", ha aggiunto. Ma NDM-1 non è in realtà l’unico caso di batterio resistente agli antibiotici. Il professor Giovanni Rezza dell’Istituto superiore di sanità spiega che “ci sono altri batteri che sono residenti nelle stesse classi di antibiotici di NDM-1 e che circolano nel nostro paese” dice. “E’ un problema grave perché queste infezioni circolano in reparti di terapie intensive dove i pazienti sono già debilitati da altre malattie gravi”.
Ma cos’è un NDM-1? E’ un gene in grado di saltare tra diversi batteri acquisendo una resistenza unica anche ai carbapenemi, antibiotici ultimo baluardo contro i microrganismi resistenti. Ad oggi risultano segnalati in Europa 77 casi di infezione, in totale sette i morti. In realtà esistono due antibiotici in grado di curare la malattia, la olistina, che però ha forti effetti collaterali, e la tigeciclina, che ha successo solo in un numero limitato di casi.
– Il professor Moellering, da noi contattato, responsabile del reparto di ricerca medica dell’università di Harvard, ha le idee chiare al proposito. Ha anche scritto un dettagliato articolo sul superbatterio per il New England Journal of Medicine. “Per prima cosa” ci ha detto “NDM-1 non è un batterio. Si tratta in realtà di un elemento genetico trasferibile, una parte di dna, che contiene non solo i geni che codificano il NDM-1 ma anche altri geni resistenti. La sigla NDM-1 sta per “New delhi Beta-lactamase 1”.
E’ una sigla che sta a significare la sua capacità di distruggere gli antibiotici beta-lactam e la località dove è stato isolato per la prima volta, New Dehli. Il suo principale problema è la capacità di trasferirsi in mezzo ad altri tipi di batteri che provocano infezioni”. Ma non si è mai verificato prima un caso del genere? “Sì, ci sono altri batteri che sono virtualmente resistenti a ogni tipo di antibiotico. Tipi di batteri che contengono geni come l’IMP, il VIM e il KPC hanno ciascuno enzemi che rendono inattivi i carbapenemi e altri tipi di antibiotici. Sono tutti batteri particolarmente insidiosi perché risultano fatali nei casi di pazienti ospedalizzati in cure intensive”.
Che tipo di infezione provoca l’NDM-1? “In genere si tratta di infezioni al sistema urinario o infezioni alle ferite. Ma può provocare un gran numero di malattie serie e anche mortali. Un recente caso di diverse infezioni all’interno di un ospedale di New York fu causato da batteri di Klebsiella che contenevano l’enzema KPC: morirono il 40% dei pazienti infettati”.
L’NDM-1 è in grado di scatenare una epidemia mondiale? “Da quando è stato scoperto nel 2008, si è esteso in tutto il globo. Lo si è trovato negli Stati Uniti, Canada, Austria, Belgio, Francia, Germania, Olanda, Svezia, Regno Unito, Oman, Africa e Australia ed è molto plausibile che sia già in altre nazioni dove ancora non è stato identificato. In più, si è scoperto che le persone infettate in molti casi provenivano da viaggi effettuati in India e Pakistan. Ma la cosa più problematica è che si sono prove che l’elemento genetico dell’NDM-1 ha già cominciato ad attaccare batteri diversi dal Klebsiella dove fu originariamente individuato la prima volta”.
Come difendersi allora? Semplice: l’unico modo per fermarlo, dicono i ricercatori, è attraverso la sorveglianza, l’individuazione tempestiva e l’isolamento dei pazienti infetti, la disinfezione delle attrezzature ospedaliere e procedure accurate di igiene delle mani.