Ha indagato gli intrecci tra Ior, Banco Ambrosiano, Cosa nostra e banda della Magliana. Ha intuito le connessioni pericolose che hanno portato alla pista finanziaria per il rapimento di Emanuela Orlandi, quella secondo cui il sequestro della ragazza vaticana sarebbe stato deciso dalla mafia per recuperare una ingente massa di soldi riciclati nell’Ambrosiano. Si tratta di Luca Tescaroli, ora procuratore aggiunto a Firenze con l’incarico di dirigere e coordinare la Direzione distrettuale antimafia (Dda). La svolta nel caso relativo alla scomparsa di Emanuela Orlandi, cioè l’apertura delle indagini da parte del Vaticano, su volontà di Papa Francesco che aveva risposto ad un sollecito del legale della famiglia Orlandi, l’avvocato Laura Sgrò, invitandola a presentare una richiesta formale. «Provo il massimo rispetto per l’iniziativa del Vaticano anche perché si tratta comunque di uno stato straniero e quindi l’iniziativa è certamente stata avallata ai più alti livelli», dichiara al Corriere della Sera. Anche se sono trascorsi quasi quattro decenni, «c’è sempre tempo, perché determinati reati sono imprescrittibili e soprattutto perché senza verità non c’è giustizia».
Luca Tescaroli ricorda che la scomparsa di Emanuela Orlandi avvenne ad un anno di distanza dalla morte di Calvi, ucciso sotto il ponte dei Frati Neri a Londra. «Si tratta di un’epoca che vedeva un forte attivismo della Banda della Magliana, che aveva intrecciato rapporti con il Vaticano da un lato e con la mafia e la politica dall’altro». L’inchiesta del procuratore portò alla luce, tramite riscontri fattuali e il contributo di collaboratori di giustizia, «i rapporti ibridi tra Calvi, lo Ior, Marcinkus da un lato e con le organizzazioni criminali di tipo mafioso dall’altro». Come emerso anche da sentenze confermate in Cassazione, Calvi è stato ucciso e l’Ambrosiano è stato usato «per massicce operazioni di riciclaggio di capitali riconducibili a Cosa Nostra, anche tramite lo Ior. Credo che il caso Orlandi ed i ricatti incrociati vadano collocati in questo contesto».
GLI INTRECCI CON CALVI E IL POSSIBILE CONTRIBUTO DI CALÒ
Le dichiarazioni di figure come Maurizio Abbatino e Antonio Mancini, spiega Luca Tescaroli, legano la scomparsa di Emanuela Orlandi alla pista finanziaria, con il coinvolgimento dello Ior per la «sparizione di masse importanti di denaro che la criminalità organizzata desiderava recuperare». Ma il pm ricorda anche le dichiarazioni di Sabrina Minardi, compagna di Enrico De Pedis, che vanno in quella direzione. Anche il fatto che “Renatino” De Pedis sia stato sepolto nella basilica di Sant’Apollinare, vicina alla scuola di musica frequentata da Emanuela Orlandi, è un elemento che deve fare riflettere per Tescaroli, così come l’attentato a Roberto Rosone, che era vicepresidente del Banco Ambrosiano contrario ai rapporti ai rapporti di Calvi con la criminalità organizzata. Ma ci sono altri aspetti da approfondire.
Ad esempio, si parlò del fatto che Emanuela Orlandi potesse essere stata rapita per errore al posto di Raffaella Gugel, figlia dell’assistente personale di papa Giovanni Paolo II e precedentemente aiutante di camera di papa Luciani, poi al fianco anche di Benedetto XVI fino alla pensione. «Sono profili e spunti che andrebbero approfonditi», aggiunge Luca Tescaroli al Corriere della Sera. Secondo il procuratore, Pippo Calò potrebbe dare un contributo alla soluzione del caso. Si tratta dell’uomo «di collegamento tra Cosa Nostra e la Banda della Magliana. Ha 91 anni, è in carcere e se decidesse di collaborare, come è stato chiesto dalla avvocatessa Laura Sgrò, si aprirebbero scenari conoscitivi importanti». Ma comunque il rapimento di Emanuela Orlandi rientra in un contesto più ampio. «Una cosa è certa: il caso Orlandi merita di essere approfondito. Se anche la Procura di Roma riterrà di riaprire l’inchiesta archiviata nel 2016 non compete a me stabilirlo, pur se ritengo che la ricerca della verità sia un dovere morale».