Il bilancio è a dir poco agghiacciante: sono complessivamente 20 i morti e 189 i feriti in seguito agli scontri fra indù e musulmani, andati in scena nelle scorse ore a New Delhi, capitale dell’India. Numeri che fanno rabbrividire e che spiegano fin troppo chiaramente la ragione per la quale le fonti ospedaliere locali non hanno esitato a definire tali episodi come “le peggiori violenze settarie avvenute negli ultimi decenni nella capitale indiana”. Come riferito dalla BBC, i tafferugli hanno avuto inizio domenica e si sono protratti nelle giornate di lunedì 24 e martedì 25 febbraio 2020. Teatro degli scontri, spiega il network britannico, è un settore di Delhi a maggioranza islamica, situato a circa 18 chilometri a nord-est dal centro urbano, dove il presidente statunitense Donald Trump ha incontrato il premier Modi e le istituzioni amministrative, imprenditoriali e diplomatiche dell’India. Alla base delle proteste, v’è la controversa legge sulla cittadinanza indiana, ritenuta eccessivamente penalizzante dalla minoranza musulmana. Sempre la BBC riferisce di “assalti incendiari ai danni di attività commerciali e di automobili, lanci di pietre, attacchi degli estremisti indù a una moschea e slogan anti-musulmani come ‘spara ai traditori'”. Il network inglese conclude il proprio servizio affermando che le autorità locali hanno imposto il coprifuoco in tutta l’area oggetto di scontri armati, istituendo financo il divieto di raggruppamenti di nuclei di quattro o più persone. I cieli della capitale, inoltre, sono costantemente solcati da droni in volo per un maggiore controllo dall’alto. Attivate anche numerose videocamere per sorvegliare l’area.