Nel Rapporto Draghi sono individuate delle azioni di cui le scuole italiane si possono appropriare per sostenere la crescita della loro comunità, a partire dalla ricetta per affrontare il deficit di innovazione e la carenza di competenze.
Draghi instaura una connessione diretta tra carenza di competenze e inverno demografico. Le sfide legate alle competenze sono presenti in tutte le economie avanzate, ma la necessità di affrontarle è particolarmente sentita nell’Unione Europea, dove il calo della popolazione comporta una drastica contrazione della forza lavoro.
Già solo riflettendo sul nesso tra competenze e diminuzione della popolazione s’individuano alcuni dei compiti delle scuole. Compiti che potrebbero costituire la struttura portante dell’Atto d’indirizzo che il dirigente deve rivolgere alla comunità scolastica per condividere gli orientamenti strategici e che possono essere riassunti nella necessità di non lasciare indietro nessuno. Lo svolgimento può essere articolato in quattro punti: includere chi è in difficoltà, promuovere le eccellenze, sostenere le discipline STEM e ridurre il divario di genere che le caratterizza.
Questo programma nasce da alcune delle più limpide analisi del Rapporto, che mettono in evidenza come il fenomeno della “carenza di competenze” possa essere ampiamente ricondotto al non pieno utilizzo dei talenti. In Europa esiste un ampio bacino di talenti non sfruttati: rimane inattivo il 21% della popolazione tra 20 e 64 anni, con 8 milioni di giovani attualmente senza lavoro e non impegnati in percorsi d’istruzione. Su questo fronte, quello dei cosiddetti NEET, le scuole italiane sono da sempre impegnate nel non lasciare nessuno al suo destino e l’indagine Education at a Glance 2024 dell’OCSE fornisce rilevanti conferme di questo incessante lavoro. La percentuale di ragazzi tra i 18 e i 24 anni non occupati e non in formazione è passata dal 16% del 2016 al 14% attuale. I titoli di studio conseguiti sono aumentati, soprattutto tra i giovani provenienti da famiglie svantaggiate. Calano i giovani tra i 25 e i 34 anni che non possiedono un diploma di scuola secondaria di secondo grado (dal 17% al 14%), significativo il successo nella riduzione dei NEET, che scendono dal 32% del 2016 al 21% del 2023.
Sulle discipline STEM e sul divario di genere che le caratterizza, una delle cause centrali del sottoutilizzo dei talenti, il Piano Draghi nota che il numero di laureati STEM è in aumento, ma la crescita non è sufficiente a tenere il passo della domanda. Inoltre, sono evidenti forti disparità di genere: in Europa ci sono quasi il doppio di laureati STEM uomini rispetto alle donne. Sul divario di genere la scuola italiana ha molto da riflettere e molto da costruire. Il recente rapporto OCSE Social and Emotional Skills for Better Lives: Findings from the OECD Survey on Social and Emotional Skills 2023, dedicato alle competenze socio-emotive dei quindicenni, ci parla di una scuola che amplifica i divari tra ragazze e ragazzi, divari che si riflettono anche sulla scarsa presenza femminile nelle STEM. L’indagine è stata condotta in 16 siti internazionali (città, regioni) e 6 Stati, in Italia è stata implementata dalla Fondazione per la Scuola e ha riguardato Torino e l’Emilia-Romagna. Si evidenzia come le differenze di genere nelle competenze socio-emotive siano più marcate in Italia rispetto alla media dei siti internazionali presi in esame. Nelle aree italiane analizzate le studentesse registrano livelli minori di competenze nella regolazione emotiva (resistenza allo stress, controllo emotivo e ottimismo), nella relazione con gli altri e nella fiducia. Inoltre, registrano in media livelli peggiori in tutti gli indicatori di salute e benessere rispetto ai ragazzi.
Del resto, un’altra ricerca OCSE sulle competenze cognitive degli adulti conferma che il divario di genere in Italia frena lo sviluppo dei talenti, in particolare nell’ambito STEM. La ridotta quota di donne con titoli STEM, 14% a fronte del 43% di uomini, ostacola la crescita del nostro Paese nelle competenze di numeracy, ponendoci sotto la media delle economie avanzate.
A fronte di questi problemi, le scuole italiane sono già intervenute grazie a specifici investimenti PNRR, rafforzando i percorsi didattici relativi alle discipline STEM e avvalendosi del supporto pedagogico delle Linee guida per le discipline STEM (DM 184/2023). Un documento di ampio respiro che fornisce indicazioni metodologiche per un insegnamento efficace delle STEM, dal sistema 0-6 fino al secondo ciclo, senza trascurare l’istruzione degli adulti. Così come gli sforzi per ridurre la dispersione hanno prodotto significativi risultati, siamo convinti che il potenziamento delle STEM e l’attenuazione del divario di genere che le contraddistingue siano alla portata delle nostre scuole.
(2 – continua)
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