Quest'anno l'inizio della scuola è segnato da una novità importante, il ritorno all'esame di maturità, e da un'altra alla quale è meglio prepararsi (1)

E siamo dunque all’anno nuovo. Qualche anno fa, se la memoria non mi tradisce, Ferdinando Camon, in un suo intervento di carattere generale sul sistema sociale, osservava come il vero inizio d’anno nelle società industriali avanzate non fosse da collocarsi nel cuore dell’inverno, ma alla fine dell’estate.

Il vero Capodanno nei sistemi sociali moderni cade il primo giorno di settembre. La ripresa delle attività dopo le ferie era forse più sensibile e marcata negli anni dei grandi insediamenti industriali. Oggi viviamo in un’epoca più liquida, dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro, ma la scuola è sempre là, salda e decisiva nello scandire i tempi della vita. Nuovi inizi: riprese per lo più felici,  piene di speranze e desideri, in qualche caso un po’ sofferte perché non desiderate, ma comunque ben fisse come tappa di riferimento.



Quest’anno abbiamo due novità all’orizzonte. Una imminente e di forte impatto immediato sugli studenti, ovvero le variazioni introdotte all’esame di Stato che torna (positivamente) a chiamarsi esame di maturità.

Si tratta di un provvedimento “tampone”, reso necessario dall’inquietante, ma significativo, fenomeno del “rifiuto dell’orale” verificatosi in diverse città italiane da parte di alcuni candidati. Ora l’esame, per essere valido, dovrà essere sostenuto, e senza “scene mute”, in tutte le sue parti.



Purtroppo il tampone è servito, ancora una volta, come pretesto per ridurre le spese a svantaggio della scuola. Si parla di formazione e di preferenza nella nomina accordata ai docenti che accetteranno di sottoporsi a corsi specifici funzionali all’esame. Non credo che ci saranno frotte di volontari pronti a partire per quest’impresa e che si renderanno necessarie graduatorie per l’accesso alla prevista formazione. Ma… vedremo. La realtà talora supera la fantasia ministeriale.

Prima prova della Maturità (Foto: ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)

L’elemento veramente nuovo consiste nella riduzione delle discipline sulle quali verterà l’orale, e quindi dei commissari (quattro), e questa, al di là di ogni pregiudizio, è forse la scelta più seria, sulla quale pure si era riflettuto alla fine degli anni novanta, quando questa impostazione dell’esame fu varata. La decisione di oggi è, per così dire, decontestualizzata, perché l’idea iniziale, quando si pensava di creare un sistema con due cicli di sei anni, era che il sesto fosse, sia nel primo che nel secondo ciclo, un anno di orientamento per il prosieguo degli studi e che i ragazzi fossero chiamati, su loro scelta, a concentrarsi su un numero ridotto di materie, coerenti con la tipologia del percorso (secondario o post-secondario) successivo.



Poco male; la scelta viene incontro, oggi, all’esigenza di una verifica più seria e limitata, evitando l’illusione che l’orale possa vertere su una insostenibile quantità di materie.

Molto positivo poi è il fatto che la commissione possa disporre di alcuni punti di arrotondamento nei casi in cui la rigida aritmetica delle singole valutazioni, nella fascia altissima, produca risultati paradossali o indesiderati (quante lacrime di commissari e candidati hanno prodotto i “99”, conseguenti a imprudenti o troppo rigide valutazioni di parti dell’esame!).

La seconda grande novità è data dal varo delle nuove Indicazioni Nazionali per il primo ciclo di istruzione. È vero, entreranno in vigore il prossimo anno scolastico 2026/2027, ma, come tutte le persone di scuola sanno, le novità introdotte nel futuro remoto hanno sempre, in un’ottica di autonomia vera, la possibilità di essere sperimentate, in forma di ricerca e studio, anche nel futuro immediato.

È quello che si spera accada soprattutto per la nuova disciplina del latino per l’educazione linguistica (possiamo dire nuova, dopo quarant’anni di assenza dal panorama della secondaria di primo grado).

È auspicabile che i dirigenti scolastici del primo ciclo avviino (in questo caso con assoluta urgenza) attività formative e sperimentali con docenti che hanno capito il valore e la natura profonda di questa disciplina, per evitare che si produca una vera e propria vaccinazione definitiva, una volta per tutte, contro lo studio del latino.

(1 – continua)

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