La scuola è ricominciata Nei rapporti tra docenti e studenti occorre far emergere spazi di umanità che aprono alla vera conoscenza
Appena partiti. Dipartimenti, collegio docenti, incontri per l’allestimento delle aule e infine primi giorni di scuola. Viene continuamente da pensare: può, oggi, la scuola essere ancora affascinante per un insegnante? E per un alunno? Al di là del lavoro svolto quotidianamente per dovere e visto che si tratta di un’attività svolta prevalentemente alla presenza di esseri umani pensanti e giudicanti (?), mi viene da porre quanto e quando siamo coinvolti come persone tanto da rendere affascinante ciò che viviamo.
Il fascino della scuola aumenta solo quando dentro le cose, nei rapporti tra colleghi, nel rapporto con i ragazzi uno ha il coraggio di mettersi in gioco, quando la materia insegnata diventa strumento per entrare in comunione con l’altro, quando la scuola diventa luogo di incontro, luogo in cui desiderare che accada un incontro.
Differentemente da mansioni in uffici asettici dove il coinvolgimento con la vita dell’altro non c’è o, se c’è, non è invasivo, compromettente, coinvolgente come quello dell’insegnante, il ruolo di un docente ha insito nella sua prerogativa esistenziale quella di entrare in rapporto, chinarsi, affacciarsi, proporsi, urtare il proprio collega e, inesorabilmente, mostrarsi agli alunni che lo ascoltano, che lo seguono, lo giudicano.
Ma che cosa affascina, cosa fa alzare al mattino un docente con il desiderio di incontrare gli alunni e preparare strategie per coinvolgere Luigi che è completamente disorientato, a cui piace soltanto disegnare i manga o studiare ciò che vuole? Solo il desiderio di comunicare quella che è la passione per la materia e per la vita; chinarsi verso la sua umanità, verso l’umanità di ciascuno di loro è ciò che rende affascinante la professione di insegnante.

La scuola è e permane nella sua valenza educativa, unica. “L’essere con”, questa affermazione apparentemente astratta o volutamente incomprensibile, in un mondo in cui “…tutto cospira a tacere di noi, un po’ come si tace / un’onta, forse, un po’ come si tace una speranza ineffabile” (R.M. Rilke) fondamentalmente è ciò che salva la scuola.
La scuola va in crisi quando la percezione di sé si perde nei meandri della burocrazia e pone la propria certezza nell’individualismo dell’insegnare. Non solo: quando purtroppo la legge, certe esasperazioni, certe vacue modalità di rapporto si affermano per far prevalere l’ordine sul dialogo, la regola sul confronto, la legge sull’ascolto; allora gli spazi di umanità tardano ad emergere.
Ma non può essere così, e non possiamo continuare a piangerci addosso solo perché il ministro di turno adotta un criterio o l’altro. La scuola, oltre che luogo di crescita, di conoscenza e di incontro, deve diventare necessariamente luogo privilegiato per la scoperta di sé, prima ancora di essere tentativo missionario di salvare il mondo o la scuola stessa. Occorre scoprirsi in azione, lavorare su di sé per proporre una modalità di conoscenza, mettere in crisi gli alunni non attraverso un sapere, ma attraverso un giudizio sul sapere stesso, sulla conoscenza, sulla metodologia adeguata. Proporre il senso di ciò che si studia. Non basta lo studio in sé per sé, occorre amarlo. Ma tutto questo non è facile né scontato.
Il nostro compito di docenti, dentro le difficoltà imprevedibili dell’oggi e senza la pretesa di facili soluzioni, continua ad essere quello di educare istruendo, di far riaccadere lo stupore per la conoscenza dentro l’ora di lezione, con tutta la nostra umanità e la capacità di istaurare relazioni significative e di cura che allevino i molteplici disagi di una pandemia culturale.
Tale riduzione di pensiero, come ha ricordato più volte Recalcati, non produrrà una “generazione Covid” a patto che noi adulti, tra le mura scolastiche, accompagniamo i giovani a vedere come la realtà può esserci maestra anche tra le complessità del vivere e come anche la mancanza di un bene possa generare desiderio, aprire la coscienza alle domande esistenziali più profonde e perfino generare un nuovo cammino umano.
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