Israele annuncia che è il momento della pace con Siria e Libano, ma senza una soluzione della questione palestinese non sarà possibile
Netanyahu dice che bisogna sfruttare la situazione. La fine della guerra con l’Iran avrebbe aperto una finestra, un tempo propizio per firmare accordi di pace con altri Paesi dell’area mediorientale, a partire dalla Siria e dal Libano. Nel primo caso secondo la stampa israeliana le trattative sarebbero già a buon punto, i due Paesi si stanno confrontando.
Nel secondo c’è un problema in più da risolvere, perché subito dopo la conclusione degli attacchi e dei contrattacchi fra Israele, USA e Iran, l’IDF ha ricominciato (anche se in realtà non aveva mai smesso definitivamente) a colpire nel Sud del Libano.
Questo desiderio improvviso di pace esternato dal premier israeliano, però, osserva Mounir Khairallah, vescovo cristiano maronita di Batroun, in Libano, deve tenere conto di un elemento fondamentale: senza la soluzione della questione palestinese la regione non conoscerà mai veramente la pace.
Occorre rifarsi, quindi, a quanto è stato deciso dall’Onu nella risoluzione 181 del 1947, nella quale erano già previsti due Stati. Le promesse di pace degli americani, che sembrano determinati a far finire la guerra a Gaza, non possono scordare questo elemento fondamentale.
Israele ora dice che vuole stipulare gli Accordi di Abramo con Siria e Libano, ma lo fa proprio nei giorni in cui l’IDF attacca nel Libano del Sud. C’è la possibilità di una definitiva pacificazione fra Tel Aviv e Beirut?
La possibilità c’è, solo che Israele vuole imporre al Libano le sue condizioni mettendolo di fronte a un’alternativa: “Firmate un accordo oppure bombardiamo”. La Siria risponderà per conto suo all’offerta israeliana, mentre la posizione ufficiale libanese chiede di rifarsi all’accordo che risale all’armistizio del 1949, firmato proprio da Libano e Israele dopo la Seconda guerra mondiale. I libanesi desiderano arrivare finalmente alla pace, ma vogliono aspettare. Israele, invece, vuole imporre adesso l’accordo senza una vera negoziazione, dettando le regole che vuole.
Ma questo desiderio di pace che sembra accomunare tutti come può essere realizzato?
Tutti vogliamo la pace, gli israeliani ma anche i libanesi, i siriani, i giordani, gli egiziani. Bisogna chiedersi però a quale prezzo, su quali basi. Gli americani hanno anch’essi un loro progetto, ma credo che anche il piano di pace del presidente Trump non possa essere realizzato se non viene riconosciuto lo Stato della Palestina, insieme a quello di Israele, secondo quanto stabilito nella risoluzione ONU del 1947. Se gli americani non arrivano a questo, se non si mettono nell’ordine di idee di riconoscere la Palestina come entità autonoma, non ci sarà pace.
Anche altri Paesi arabi, compresi quelli del Golfo, hanno preso in considerazione di firmare gli accordi, credo però che un Paese come l’Arabia Saudita continuerà ad aspettare finché gli statunitensi e gli israeliani accetteranno ufficialmente lo Stato della Palestina. Solo allora avremo l’occasione di realizzare una pace che sia vera, giusta e durevole.
Ma qual è nello specifico l’accordo che vuole Israele con il Libano? Vuole imporre comunque una sua presenza nel territorio libanese, per poter avere il diritto di esercitare comunque un controllo sulla zona da cui partivano gli attacchi di Hezbollah?
So solo che adesso gli israeliani hanno ancora alcune postazioni in Libano. Ma da lì devono ritirarsi. Se non lo fanno non c’è occasione di concludere i negoziati. In queste condizioni non si può andare a una trattativa. Gli israeliani devono ritirarsi.
Quando è stata firmata la tregua la prospettiva era che se ne sarebbero andati.
La tregua, il cessate il fuoco, non è la pace. Comunque dobbiamo vedere se gli americani riusciranno a mettere in atto le loro promesse, se riusciranno a convincere Netanyahu e il suo governo. Un emissario del presidente Trump dovrebbe tornare anche in Libano entro qualche giorno: vedremo cosa riuscirà a fare. Tutto è nelle mani degli israeliani: se non si convincono di negoziare un accordo di pace, non c’è niente da fare. La guerra continuerà. Sono quasi 80 anni che è cominciata e ancora non è finita.
E comunque l’accordo di pace di cui si parla deve comprendere la creazione di uno Stato della Palestina?
Non la creazione, ma il riconoscimento di uno Stato, secondo la risoluzione delle Nazioni Unite che risale al 1947, che prevedeva la presenza di due Stati, uno di Israele e uno di Palestina. E la città di Gerusalemme, come città aperta a tutti i popoli e tutte le religioni. Si tratta di una cosa che era già stata decisa.
Oltre al Libano Israele dice che vuole negoziare anche con la Siria, che durante il regime di Assad aveva dato appoggio ai proxy degli iraniani. Anzi, Trump ha già tolto anche le sanzioni contro il Paese, mantenendo solo quelle contro l’ex dittatore. L’intesa con Al Sharaa, nuovo leader siriano, potrà essere firmata?
Dipende, naturalmente, dai termini in base ai quali la Siria vuole negoziare. Gli americani stanno esercitando pressioni su Damasco perché firmi un accordo con Israele. Credo che anche i siriani faranno come noi. A queste condizioni probabilmente non firmeranno. Per saperne qualcosa di più dobbiamo aspettare e capire come si evolverà la situazione.
(Paolo Rossetti)
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