Imperversano le proteste in Siria: i manifesti del presidente siriano Bashar al-Assad vengono distrutti, come accadeva già nel 2011. Oggi nel Paese mediorientale la corruzione dilaga e la situazione economica è desolante: il 90% della popolazione siriana vive al di sotto della soglia di povertà. La gente di Suwaida manifesta dall’inizio di agosto: il governo ha deciso di abolire i sussidi per gas e benzina. Nel frattempo le persone chiedono qualcosa di più che soluzioni economiche, come l’attuazione della risoluzione ONU 2245, per esempio, che prevede un cessate il fuoco e una trasformazione politica per la Siria.
Uno studente, al Süddeutsche Zeitung, racconta che la vita nel Paese è diventata molto difficile a causa della “brutalità del regime siriano e della sua riluttanza a cedere il potere”. Non solo a Suwaida: proteste arrivano anche da altre regioni, come a Daraa, il vicino capoluogo di provincia. Anche nelle regioni costiere nelle città di Tartus e Latakia, roccaforti alawite del regime, non mancano le contestazioni. Anche i sostenitori di Assad sono delusi perché anche loro soffrono le conseguenze della guerra. “Sognano la caduta del regime”, spiega l’esperto siriano Fabrice Balanche della SZ. Assad è ora un leader impotente e senza mezzi finanziari, sostenuto dalla Russia e dall’Iran. I due Paesi, secondo Balanche, “non lasceranno cadere Assad e la Siria”. Finora il regime non ha intrapreso alcuna azione contro le manifestazioni: se reagisse violentemente, potrebbe mettere a repentaglio la sua politica di normalizzazione.
I siriani chiedono aiuto all’Occidente
A maggio, la Lega degli Stati Arabi ha deciso di riportare Assad sulla scena politica siriana. L’Arabia Saudita, in particolare, sperava che Assad facesse di più per fermare il traffico della droga Captagon ma così non è stato. La Siria è in una fase di stallo politico da anni: i colloqui di pace di Ginevra tra i rappresentanti del presidente siriano e l’opposizione all’estero sotto l’egida delle Nazioni Unite sono ad un punto morto. Nessun aiuto diretta arriva invece dagli Stati europei e dall’Occidente, che continuano a evitare il sovrano. La Siria è sempre più frammentata e il regime ora controlla nuovamente i due terzi del Paese. Il Consiglio della Carta siriana, associazione che si riunisce regolarmente in luoghi segreti in Europa, ha elaborato un piano in undici punti, che il gruppo ha firmato alla fine del 2018.
È un “contratto sociale per tutti i siriani”, afferma Naeem, che modera i colloqui del gruppo. Secondo Naseef Naeem, “nessuno ha vinto questa guerra. Il popolo siriano ha perso tutto”. L’iniziativa è finanziata dall’Europa: i maggiori esperti del Medio Oriente sostengono il lavoro e anche il governo tedesco accoglie con favore iniziative come queste. Il Ministero degli Esteri federale ha affermato di sostenere “l’obiettivo politico dell’iniziativa, che è quello di offrire all’interno della Siria una piattaforma di scambio tra i diversi attori, che possa dare un contributo a lungo termine ad una soluzione politica”. La Germania è convinta che possa esserci una “pace sostenibile attraverso un processo politico interno alla Siria”, come delineato nella risoluzione ONU 2254.