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Home » Lavoro » Smart working » SMART WORKING/ E la proroga miope che non guarda a quanto accade nel mondo del lavoro

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SMART WORKING/ E la proroga miope che non guarda a quanto accade nel mondo del lavoro

In un emendamento al Decreto lavoro si prevede la proroga del diritto allo smart working per i genitori con figli under 14: una scelta che appare miope

Luca Pirola
Pubblicato 15 Giugno 2023
smart working

smart working

La commissione Affari sociali del Senato ha approvato, in fase di conversione in legge del Decreto lavoro, un emendamento che proroga ulteriormente il “diritto al lavoro agile” per i genitori con figli sotto i 14 anni fino a fine 2023. Tale proroga riguarda solo i dipendenti di aziende private: per quanto riguarda i dipendenti pubblici, infatti, la proroga è stata bloccata dal ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo che ha dichiarato in una recente intervista: “Non siamo più in pandemia, per cui non credo ci sia più l’urgenza di intervenire sui genitori con figli under 14”.


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Con l’inizio della pandemia, nel febbraio 2020, i primi decreti del presidente del Consiglio hanno incoraggiato l’uso dello smart working (prima previsto solo con accordo scritto tra le parti), svincolandolo dall’obbligo di accordo scritto, e rendendolo in alcuni momenti l’unico modo perché le aziende potessero lavorare ed evitare o quanto meno ridurre la cassa integrazione. Con la chiusura delle scuole, iniziata con la seconda ondata pandemica dell’autunno 2020, il legislatore, per supportare i genitori lavoratori, ha introdotto il diritto allo smart working per il genitore con figli under 14, a condizione che l’altro genitore fosse occupato e che la prestazione lavorativa fosse compatibile con l’attività da remoto. Fortunatamente nell’anno scolastico 2021/2022 non ci sono state chiusure scolastiche e lo stato di emergenza è terminato al 31/03/2022, tuttavia le diverse maggioranze hanno, senza particolari dibattiti o riflessioni, proseguito a prorogare, di sei mesi in sei mesi, questo diritto allo smart working, fino all’ultima proroga attualmente approvata.


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Nel frattempo, moltissime aziende si sono organizzate, comprendendo i pro, ma anche i contro, del lavoro da remoto, hanno attivato momenti di confronto e dialogo con i lavoratori, sottoscritto accordi sindacali, approvato regolamenti validi per tutti i dipendenti, finalizzati a rendere la possibilità di lavorare in smart working qualcosa di ordinario per tutti i lavoratori, disciplinato in maniera seria e chiara.

Altre realtà hanno ritenuto di ridurre, con il finire della pandemia, la possibilità di lavorare da remoto in maniera significativa, magari perché accortesi che non tutti i dipendenti lavorano bene da remoto e la produttività è calata, o perché i “furbetti” sono stati particolarmente numerosi, o perché in un’azienda che ha l’80% del personale in produzione permettere al restante 20% di lavorare da casa in maniera stabile rischia di rompere equilibri già abbastanza precari.


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Le stesse aziende, a volte dimostrandosi più avanti rispetto al legislatore, hanno cercato di comprendere le necessità di conciliazione vita-lavoro dei propri dipendenti, introducendo sistemi di welfare aziendale, sostenendo i lavoratori in particolari situazioni personali con orari di lavoro più favorevoli, compiti più adeguati e molte forme di supporto di diverso tipo, privilegiando i genitori nella scelta dell’orario di lavoro e, spesso, anche nell’accesso allo smart working.

Gli stessi lavoratori hanno iniziato a considerare lo smart working un benefit da contrattare, sia in sede di colloquio di assunzione che successivamente, e in alcuni settori è diventato impossibile trovare lavoratori senza offrire ampia possibilità di lavoro agile. Infine, le tipologie di lavori che concedono la possibilità di lavoro agile, e le aziende che lo favoriscono, sono diventati più attrattivi nei confronti di nuovi talenti, e in particolare dei giovani, sempre più attenti al tema della conciliazione vita-lavoro.

Non si capisce pertanto la ragione che stia spingendo il legislatore a prorogare ancora una volta il diritto allo smart working per i genitori in assenza di accordo con l’impresa, mentre ben si comprende come lo Stato, nei confronti dei propri dipendenti, anche se genitori, abbia remore significative a concedere un diritto illimitato al lavoro agile. Appare infatti una scelta miope, che non guarda a quanto sta accadendo nel mondo del lavoro, dove lo smart working è diventato sempre più una modalità ordinaria di esercizio dell’attività lavorativa, e proprio per questo è sottoposta a limiti, vincoli e anche controlli da parte del datore di lavoro, che possono portare alla revoca dello stesso. Appare poi una scelta che non tutela adeguatamente la libertà di impresa e in particolare il diritto dell’imprenditore a organizzare in maniera autonoma il lavoro all’interno dell’azienda e che rischia di agevolare soltanto quei pochi che sfruttano il lavoro agile allo scopo di lavorare il meno possibile.

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Tags: Paolo Zangrillo

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