In un mondo in continua evoluzione il tema della formazione è ormai assolutamente determinante. La velocità del cambiamento a cui siamo sottoposti, insieme alla congiuntura economica e demografica, rendono sempre più centrali, in questo campo, le non cognitive skills. È fondamentale passare da una formazione di merito a una formazione di metodo. Il 2023 è l’Anno europeo delle competenze, l’iniziativa dell’Unione Europea per promuovere la riqualificazione, l’aggiornamento e il miglioramento del livello delle competenze che verte su investimenti mirati ad allineare la forza lavoro alle esigenze del mercato con particolare attenzione alla transizione verde e digitale. Parlare di competenze oggi in Italia vuol dire tenere presenti alcuni dati di fatto che caratterizzano la situazione del nostro Paese.
Il mismatch, il divario, di competenze tra domanda e offerta di lavoro, che rende difficoltoso il reperimento di personale da parte delle imprese (il 49% delle aziende non trova i tecnici di cui ha bisogno perché il sistema formativo non li fornisce); la crisi demografica in atto, che comporterà un crollo della popolazione in età lavorativa; un livello di istruzione e competenze complessivamente basso rispetto agli altri Paesi europei; l’obsolescenza delle skills tecniche, che una volta accompagnavano il lavoratore per quasi tutta la durata della sua vita lavorativa, e ora, soprattutto quelle digitali, si rivelano datate e insufficienti dopo due anni e mezzo. I lavoratori avranno sempre più bisogno di aggiornarsi e acquisire nuove conoscenze. La formazione continua è stata definita dall’Ocse una “necessità assoluta”.
Oltre a ciò, bisogna considerare – e qui torno allo spunto iniziale – che per lungo tempo il capitale umano è stato fatto coincidere con le abilità cognitive, le competenze tecniche possedute da un individuo e misurabili con test standardizzati. In un mondo in rapido cambiamento, dove, come visto, le competenze tecniche possono diventare obsolete in breve tempo, le skills trasversali (le character/non cognitive skills) sono sempre più preziose. Lo ribadisco a rischio della noia, perché parlare di formazione oggi o ha questo nuovo orizzonte o rischia di essere un esercizio formale.
Ed è proprio il formalismo ciò che vogliamo evitare nell’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà incontrandoci per confrontarci su questo tema, come faremo il 22 agosto al Meeting di Rimini (“Formarsi per crescere”). Lavoro che proseguirà il 12 settembre a Roma in un incontro in cui parlamentari dell’Intergruppo e imprenditori dialogheranno con il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso.
Sulla formazione occorre imboccare una strada stabile, in cui è decisiva la scuola che, mantenendo il suo scopo educativo, deve rendere organica la sua alleanza con il mondo del lavoro. È fondamentale il ruolo delle imprese, che in formazione devono investire sempre di più, ed è importantissima la funzione del terzo settore, già impegnato in tal senso.
Per essere concreti, perché la sussidiarietà si misura coi fatti, presenteremo in Parlamento una proposta di legge che, in applicazione del principio della sussidiarietà orizzontale, preveda per gli investimenti delle aziende in formazione la possibilità di super-ammortamenti sul modello di quanto già sperimentato per i macchinari, dei quali il capitale umano non è certo fattore meno centrale nel patrimonio dell’impresa.
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